STELLE PROTETTE
Ne siamo spesso poco consapevoli, eppure l’inquinamento luminoso colpisce l’80% della popolazione mondiale. Così se un tempo le stelle erano compagne e guide silenziose delle nostre notti, oggi per ammirarle appieno dobbiamo andare in luoghi protetti
di Elisa Zanetti
Nel 1889 Van Gogh dipinse la sua celebre Notte stellata a Saint Rémy, in Francia. Oggi però dalla cittadina non è più possibile vedere la Via Lattea, e non solo da lì. Dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, quest’ultima è infatti invisibile a oltre un terzo degli abitanti di questo pianeta, incluso il 60% degli europei e l’80% dei nord americani. Secondo il World Atlas of Artificial Night Sky Brightness, l’80% della popolazione mondiale vive sotto l’effetto dello skyglow, la luminanza diffusa nel cielo notturno e sempre in Europa e USA il 99% della popolazione non può godere di una notte illuminata naturalmente. Il perché di tutto questo risponde al nome di inquinamento luminoso, ovvero l’eccessivo uso della luce artificiale e l’alterazione dei livelli di luce naturalmente presenti.
Così se un tempo erano le stelle a guidare l’uomo durante la notte e, solo poco più di un secolo fa, le nostre giornate erano realmente scandite dall’alternarsi del sole e della luna, oggi troppo spesso gli astri trovano spazio solo negli oroscopi e per ammirare la volta celeste sembra necessario affidarsi ad app che ci aiutano a trovare le stelle. Dal 1988 International Dark-Sky Association (IDA) si batte per difendere “una delle viste più suggestive al mondo” e per combattere l’inquinamento luminoso attraverso la proposta di pratiche virtuose e l’individuazione e protezione di luoghi dove è ancora bello stare con il naso all’insù. Centoventi i luoghi identificati a oggi dall’associazione in sei categorie che vanno dalle International Dark Sky Communities, ovvero città impegnate nell’adozione di sistemi di illuminazione rispettosi, a parchi e riserve sino agli International Dark Sky Sanctuaries, i luoghi più remoti e più bui al mondo: di questi ce ne sono solo dieci, dislocati fra USA, Cile, Australia, Nuova Zelanda, Isole Pitcairn e Sud Africa.
Attiva in campagne di sensibilizzazione, IDA affianca le amministrazioni che desiderano tutelare l’ambiente notturno e a questo scopo ha creato Model Lighting Ordinance, un protocollo che raccoglie buone pratiche e consigli utili. Forse meno nota e sottovalutata, questa forma di inquinamento arreca danni notevoli: numerosi studi hanno dimostrato che la luce artificiale comporta gravi ripercussioni sui flussi migratori, sulla caccia e sull’accoppiamento degli animali, così come su processi vitali per le piante. Artefice di tutto questo, nemmeno l’essere umano è immune: oltre alle ripercussioni sulla qualità del sonno che luci e schermi retroilluminati possono provocare, la ricerca ha inserito l’inquinamento luminoso tra i fattori “probabilmente cancerogeni”, rilevando tra chi lavora nelle ore notturne ed è esposto alla luce artificiale una maggiore incidenza del tumore al seno nelle donne e di quello alla prostata negli uomini.
Ogni anno negli USA, l’illuminazione esterna utilizza circa 120 terawattora di energia, per lo più per illuminare strade e parcheggi. Una quantità tale sarebbe sufficiente per soddisfare per due anni la domanda elettrica di una città come New York. IDA rileva inoltre che almeno il 30% di tutta l’illuminazione esterna negli Stati Uniti viene sprecato, con un dispendio economico che si aggira sui 3,3 miliardi di dollari ed emissioni di CO2 che si attestano su 21 milioni di tonnellate l’anno: per compensarle occorrerebbe piantare 875 milioni di alberi ogni anno.
Non fa bella figura nemmeno l’Italia che secondo la ricerca Light Pollution in USA and Europe: The good, the bad and the ugly, pubblicata online nella rivista “Journal of Environmental Management”, registra un flusso luminoso pro-capite che supera del 40% la media europea ed è il 300% di quello della Germania, nazione più virtuosa al mondo. La Germania è inoltre l’unico Paese europeo a vantare tre località certificate IDA con i parchi di Eifel, di Winklmoosalm e la riserva di Rhön. Tra gli esempi europei merita una menzione anche il parco di Albanyà, in Spagna, che organizza campus per studenti e dove i visitatori possono ammirare le stelle, frequentare corsi di fotografia notturna e addirittura sposarsi sotto la volta celeste.
Ancora nessun parco certificato IDA per l’Italia, ma fa ben sperare la candidatura di San Vigilio, frazione del comune di Marebbe, in Alto Adige. Qui si è tenuto a giugno il convegno I patrimoni per le future generazioni: ambiente, natura e cieli stellati e a luglio, per il secondo anno, Dolomites Star Party, manifestazione con incontri, spettacoli nel planetario e osservazioni dal vivo a caccia di pianeti, comete e, ovvia- mente, stelle cadenti. Il desiderio più espresso? Il pronto riconoscimento del primo parco italiano perché, come diceva Van Gogh: «Non conosco nulla con certezza, ma la vista delle stelle mi fa sognare».
Intervista pubblicata su WU 98 (ottobre-novembre 2019). Nella foto in alto: il cielo stellato sulle Dolomiti. Foto di Samuel Clara, courtesy Associazione turistica San Vigilio & San Martin
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