LORENZO BALBI – MAMBO, OLTRE LA MOSTRA
Lorenzo Balbi, direttore artistico di MAMbo, ci racconta come in questo periodo di emergenza i musei stiano cambiano strada: si adattano e si fanno digital, senza smettere di pensare a quando torneranno a essere luoghi da frequentare
di Elisa Zanetti
Classe 1982, Lorenzo Balbi ha studiato Conservazione dei Beni Culturali e si è specializzato in Arte Contemporanea. Dal 2017 è direttore artistico di MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna ed è responsabile dell’Area Arte Moderna e Contemporanea dell’Istituzione Bologna Musei, di cui fanno parte, oltre a MAMbo, Villa delle Rose, Museo Morandi, Casa Morandi, Museo per la Memoria di Ustica e Residenza per artisti Sandra Natali. In questo momento così particolare, gli abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa in più di 2 Minuti di MAMbo, l’iniziativa lanciata durante la quarantena, e di come si immagina il futuro degli spazi di cui è responsabile.
Un bilancio di questo primo mese abbondante solo online?
Abbiamo avuto un inizio laborioso: una prima breve chiusura, una riapertura di sei giorni e infine l’attuale periodo di chiusura. Nel primo stop, avendo in calendario la mostra AGAINandAGAINandAGAINand – che con opere di diversi artisti fa una riflessione, particolarmente calzante in questo momento, sulla ciclicità del tempo – abbiamo proposto lo streaming live dal museo di Bonjour, la più scenografica delle opere che la compongono. È stato come mostrare dalla serratura cosa accadeva dentro al museo, dove c’erano soltanto gli attori che la interpretavano e il personale. Con la seconda chiusura invece abbiamo dato il via a 2 minuti di MAMbo.
Ci racconti qualcosa di più su questa iniziativa?
Abbiamo fatto un po’ il verso al nostro nome e scelto di proporre dei brevi con- tenuti, di massimo quattro minuti, per ricreare la sensazione che si ha quando si ascolta la radio: può capitare di scoprire canzoni che non si conoscevano o di sentire qualcosa che non ci piace e ci fa cambiare stazione o che semplicemente ascoltiamo lo stesso per la sua breve durata. Quattro i temi: la mostra AGAINandAGAINandAGAINand, la collezione permanente, il Museo Morandi e i contenuti preparati dal nostro dipartimento educativo, che propongono attività da fare con i più piccoli. Siamo soddisfatti del risultato, il museo sta mostrando la sua capacità di adattarsi, mettendo in discussione il proprio ruolo e la propria produzione culturale e il pubblico, che si sta ampliando, ne percepisce l’importanza e si chiede: «Cosa sta facendo il museo?», cosa che non accade per esempio per il teatro lirico. È molto interessante, vuol dire che il ruolo del museo è assodato e percepito come impossibile da chiudere, nonostante l’emergenza.
Come immagini il futuro?
Per il futuro più immediato stiamo lavorando a nuove idee, poi stiamo riflettendo sul ritorno alla normalità, che non sarà certo più quella del passato. Non avremo più gli eventi, gli opening con migliaia di persone e anche la mostra, sinora considerata come unico esito possibile delle attività di ricerca e di uso degli spazi del museo, potrebbe non esserlo più. Potremo avere delle azioni di supporto alla comunità artistica, dei rapporti di maggiore vicinanza con l’associazionismo, i festival… Credo che una riflessione sull’azione dei musei non sia più prorogabile.
E dal punto di vista economico?
Sicuramente ci aspetta un periodo non facile, i budget per la cultura sono stati dirottati per far fronte all’emergenza sanitaria, quando si ripartirà le risorse saranno limitate. Sarà più complicato proporre progetti espositivi nuovi, che sono molto costosi, e in molti lavoreranno di più sulle collezioni permanenti. Per quello che riguarda possibili aiuti ancora non è chiaro, credo sia più plausibile immaginare di agire con le risorse che abbiamo. Potrebbe però esserci un auspicabile desiderio di tornare a vivere la città e questo potrebbe essere di aiuto.
In un museo il rapporto con spazi e opere è molto importante. Cosa accadrà?
È difficile prevederlo, ancora non sappiamo quali indicazioni dovremo seguire. In questo momento sto studiando la realtà cinese, dove l’emergenza è conclusa. Il museo di Pechino ha ridotto a mille gli ingressi giornalieri, attivando un sistema di prenotazione e registrazione. In futuro ci sarà attenzione verso i tempi di visita, la capienza delle sale, i rapporti fra le persone. Sono problemi che non ci eravamo mai dovuti porre e che avranno influssi radicali sui progetti espositivi.
C’è qualche opera tra quelle attualmente esposte nei vostri spazi che in questo momento di quarantena acquisisce un valore ancora più forte?
Sicuramente le opere di Morandi, che ha basato la sua fortuna artistica sull’originalità e sulla differenziazione del quotidiano e poi, tornando a AGAINandAGAINandAGAINand, Bonjour di Ragnar Kjartansson. In un’enorme scenografia che riproduce un paesaggio della campagna francese si muovono un uomo e una donna, li vediamo dalle finestre delle loro case e poi incontrarsi vicino alla fontana della piazza, scambiarsi uno sguardo e poi semplicemente un bonjour, un attimo di sospensione e tutto riparte da capo: è una riflessione sulla ripetitività anche come sublimazione del vissuto, il vero amore è quello che si riconferma ogni giorno.
Ci consigli dei contenuti proposti da altre realtà che ti sono piaciuti particolarmente?
Sì, l’iniziativa del Getty Museum che ha invitato le persone a interpretare con oggetti quotidiani le sue opere d’arte e poi Radio GAMeC, lanciata dal museo di Bergamo come simbolo di resistenza.
Intervista pubblicata su WU 101 (aprile – maggio 2020).
Nella foto in alto: Lorenzo Balbi, direttore artistico di MAMbo, foto di Caterina Marcelli
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