LA CONSAPEVOLEZZA DI COMMUNITY
‘Community’ è tra le serie televisive più stratificate del XXI secolo: lo show ideato da Dan Harmon vive oggi una seconda giovinezza per merito del suo ingresso all’interno del catalogo Netflix
di Davide Colli
#sixseasonsandmovie. Questo è il motto autoproclamato dal programma che appassionati di Community da ogni parte del mondo continuano a recitare, digitare e condividere, come se fosse un vero e proprio mantra, in attesa che la suddetta profezia si avveri, presumibilmente molto presto, dato l’interesse e l’entusiasmo che si è fortemente riacceso sul prodotto.
La comedy televisiva, creata dalla brillante mente di uno showrunner del calibro di Dan Harmon (ora al lavoro, insieme a Justin Roiland, su un cult contemporaneo come Rick & Morty) e basata su un periodo della sua vita trascorso in un community college statunitense insieme ad improbabili compagni di studio, sembra aver incontrato il grande successo di ascolti che avrebbe da sempre meritato. Dopo anni dalla sua uscita, infatti, Community rimane un unicum all’interno del palinsesto televisivo, prima di tutto per merito di un cast incredibilmente eterogeneo per sesso, età ed etnia, eppure così in sintonia, in grado di dare alla luce gli scambi di battute messi su carta dagli sceneggiatori, ma al tempo rielaborando il contenuto di partenza e improvvisando materiale inedito sul momento, rendendo irresistibile ogni singola interazione tra i protagonisti.
Tra gli attori che ha lanciato la serie, insieme a Gillian Jacobs e Alison Brie, riviste in seguito rispettivamente in Love e Glow, entrambi prodotti targati Netflix, vi è anche Donald Glover, il quale, prima di proseguire il progetto musicale Childish Gambino e diventare la mente creativa dietro Atlanta, ha mantenuto un ruolo di rilievo nello show per la maggior parte degli episodi.
Lo showrunner svolge una continua sperimentazione sulle modalità attraverso le quali differenti testi audiovisivi entrino in collisione, focalizzandosi in particolare sulle dinamiche intertestuali e metatestuali. Durante le prime stagioni Harmon si confronta con i generi (con eclatanti risultati cimentandosi nel documentario storico/sociale e nell’animazione stop-motion), sovvertendo le aspettative del pubblico inconsapevole e proponendo episodi dal sempre differente approccio stilistico e narrativo.
Usufruendo delle meccaniche della parodia e del pastiche, Community omaggia con intenzionalità ludiche capostipiti dell’immaginario collettivo, dalla celebre Trilogia del Dollaro cinematografica di Sergio Leone fino alla popolare saga di fantascienza Star Wars, arrivando ad inglobare nella struttura del racconto elementi della cultura nerd come il gioco Dungeons and Dragons e la teoria del multiverso, topos di provenienza fumettistica.
Il discorso muta nel corso delle ultime stagioni, grazie alle quali Harmon riflette sulle media affordances, in particolare sulle caratteristiche del format seriale. Ogni puntata diventa una valida occasione per destrutturare i canoni televisivi, inscenare inside jokes comprensibili esclusivamente allo spettatore informato a dovere sul backround produttivo della serie, intraprendere la rottura della quarta parete con modalità sempre innovative e interrogarsi sulla natura del proprio stesso show e dei suoi archi narrativi, oltre che sul rapporto tra realtà e finzione.
Una volta conclusa la visione di Community non si ha solamente l’impressione di aver assistito a un’applicazione sul piccolo schermo della strabordante ironia di Dan Harmon o di aver seguito la crescita e all’evoluzione degli indimenticabili personaggi che ne fanno parte, ma si termina lo show con un senso di arricchimento, dotati di una nuova sensibilità, utile per addentrarsi nella marea di prodotti audiovisivi del contemporaneo con una maggiore consapevolezza.
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