VISIVA #02 – CTM FESTIVAL, ABITARE LA DISTANZA
E se invece di un’arte a distanza causata dal Covid, si incominciasse a sperimentare un’arte “nella” distanza, che negli interstizi tra reale e virtuale provasse a inventare nuovi spazi che rendano possibili nuove forme di convivenza e interazione tra umani e tra umano e artificiale? A rispondere a questa sfida è il CTM Festival 2021 di Berlino, che, facendo di necessità virtù, trasforma un evento online in una coinvolgente esperienza collettiva di arte abitata
di Emma Cacciatori
‘Visiva’ è una rubrica che si occupa di mostre, eventi, progetti sul territorio e multimediali legati all’arte. Più che fornire il rendiconto di quanto si sa che c’è, fa vedere quanto sta per esserci, lasciando immaginare quanto sta per cambiarci.
Il CTM festival di Berlino (ora arrivato alla sua 22esima edizione) era una maratona di performance “culturali e controculturali”, in cui la facevano da padrona la musica underground e le arti visive sperimentali.
L’anno scorso venne scelto il titolo Liminal, come a dire alle soglie di un nuovo ventennio di sorprese creative e innovazioni tecnologiche. Nessuno allora poteva immaginare che un contagio globale avrebbe accelerato le cose, indirizzandole, volenti o nolenti, in una direzione esclusivamente virtuale.
E così quest’ann, ecco la Pandemic edition del CTM Festival: dopo la partenza con Trasformation, tenutasi dal 19 gennaio al 14 febbraio (con eventi e laboratori a distanza, dibattiti e commissioni trans/locali, regolarmente archiviate, vedi CTM Discord, e due serate virtuali nei club) la manifestazione continua, dal 13 febbraio al 14 marzo, negli ambienti virtuali di Cyberia, un caleidoscopico mondo tridimensionale in cui si sprofonda insieme a tanti altri visitatori invisibili, la cui presenza inevitabilmente contamina e altera lo spettacolo a cui si sta partecipando.
Lo schermo che si apre sugli scenari di Cyberia, infatti, è pervaso da innumerevoli “flussi generativi” in un instabile, destabilizzante processo di trasformazione creativa, nel quale la tastiera del visitatore interagisce costantemente con il lavoro degli algoritmi programmati dagli artisti. E così, tra paesaggi “mercuriali”, suoni “erratici” e “viscerali”, contatti mentali ma “abrasivi”, puoi cantare in un coro di robot, conoscere e interagire con “fake objects”, che nel mondo vero non potrai mai vedere e manipolare, correre dentro le sale di un labirinto dove tutto ciò che il tuo avatar vede e tocca si liquefa e si ricompone (avatar compreso) senza soluzione di continuità ecc.
In questo universo frattale tutto si mescola, a partire dagli artisti, le cui installazioni sono quasi sempre il risultato di ferree collaborazioni tra concept designer e musicisti, scultori e tecnici del suono, poeti e percussionisti africani, danzatori tailandesi e programmatori digitali. Il risultato di tutto questo non è la messa in scena di un enorme parco giochi per adulti e neppure di episodi di ordinaria catastrofe, ma piuttosto la proposta, volutamente in progress, di una serie di zone di mezzo. Perché ogni spazio porta implicite le regole del come abitarlo e la sua decostruzione apre la strada alla sperimentazione di diversi e più vivibili equilibri tra ruoli, culture, sessi e tra le piattaforme su cui camminano. C’è bisogno di trasformazioni e l’arte può cambiare le menti capaci di immaginarle.
Nella foto in alto: immagine di CTM Festival/Lucas Gutierrez
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