LA PROBLEMATICA EDIZIONE DELLA CERIMONIA DEGLI OSCAR 2021
Si è tenuta pochi giorni fa, dopo un posticipo causa Covid-19, la 93esima edizione degli Academy Awards, che ha visto il trionfo di Nomadland (dal 29 aprile nei cinema italiani e dal 30 su Disney +) con 3 statuette, compresa quella a Miglior Film.
di Davide Colli
Era impossibile aspettarsi dalla cerimonia degli Oscar 2021 uno spettacolo convenzionale, in linea con lo show imbastito dalle precedenti edizioni. In una situazione mai così inusuale, una personalità come Steven Soderbergh (regista dietro la saga Ocean) è stato ingaggiato per la pianificazione, ma nemmeno lui è riuscito nel tentativo di salvare baracca e burattini, consegnando alla storia della celebre manifestazione una premiazione che sapesse intercettare le particolarità dello zeitgeist del travagliato 2020/inizio 2021.
Il risultato finale ha previsto un’insolita serie di strategie discutibili come l’omissione delle performance delle canzoni candidate, relegate al pre-show, così come l’eliminazione del timer dei discorsi d’accettazione e dei monologhi e gag che contornavano le precedenti edizioni. Una delle vere grandi assenti della cerimonia, infatti, è stata proprio la leggerezza, che in un evento di una durata così importante avrebbe sicuramente giovato. Il culmine di questa serata costellata di opinabili rischi si raggiunge con l’anticlimatico finale, che sconvolge la tradizione cinquantennale di concludere la trasmissione con premio più prestigioso, non prevedendo la sconfitta del frontrunner Chadwick Boseman, premiando al suo posto un Anthony Hopkins (se non altro punta di diamante della sua categoria) nemmeno presente in sala; il tutto preceduto da un momento In Memoriam tra i meno sentiti di recente memoria.
La più evidente contraddizione dell’edizione degli Oscar 2021 risiede proprio nelle dubbie intenzioni della stessa: in che modo è possibile fuoriesca il rispetto verso le innumerevoli vittime di una tragica situazione ancora in corso all’interno di uno spettacolo in cui la goliardia è sì ridotta all’osso, ma che non si applica a dovere nel celebrare gli altrettanto numerosi lavoratori del mondo del cinema venuti a mancare?
Non c’è stato il grande mattatore, in un’annata in cui (quasi) nessuno dei titoli più presenti in gara è tornato a bocca asciutta, con Nomadland ad aver vinto il maggior numero di premi, ovvero Miglior Film, Regia (Chloe Zhao, la seconda donna nella storia a ricevere la statuetta) e Attrice Protagonista a Frances Mcdormand, che a fine nottata ha potuto contare su ben 4 Oscar vinti nel corso della sua carriera. Il vento di cambiamento è certamente ravvisabile in ulteriori premi (la Sceneggiatura Originale a Emerald Fennel per Promising Young Woman e l’Attrice non Protagonista a Yoon Yeo-jeong per Minari), ma appare a più riprese dosato ed estremamente calcolato, facendo sfumare la possibilità di un quartetto completamente composto da attori non bianchi caucasici.
La tendenza recente di maggiore inclusione viene in parte vanificata, nel bene e nel male, dalla traballante narrazione di uno show che si sarebbe potuto concludere con un doveroso riconoscimento di due icone afroamericane come il compianto Chadwick Boseman e Viola Davis, favorita per il premio, e sarebbe potuta diventare l’attrice di colore più premiata di sempre. Un’edizione, quindi, che verrà maggiormente ricordata per le sue notevoli lacune che per l’effettiva cerimonia.
Nella foto in alto: Frances McDormand in ‘Nomadland’, photo courtesy Searchlight Pictures
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