SICK LUKE – DIRETTORE D’ORCHESTRA
Il suo X2 è un disco corale di successo che ha messo insieme tante voci dell’indie italiano e alcuni dei maggiori protagonisti del rap e dell’universo trap, creando sinergie inedite e a volte sorprendenti. Sono in totale 34 e tra di loro c’è anche un ospite speciale: suo padre, Duke Montana
di Carlotta Sisti
Rilassato, anche di fronte a numeri giganteschi che lo hanno visto svettare in testa alle classifiche italiane ma pure internazionali, dove il suo X2 (uscito il 7 gennaio per Carosello) si è piazzato al terzo posto dei dischi più ascoltati al mondo su Spotify nella settimana di debutto, Sick Luke sorride e risponde alle domande in modo gentile e asciutto. Non è più «quello del 2016, ma nemmeno del 2019», racconta con il piglio felice di chi ha saputo evolversi e smarcarsi dai suoni (quelli, nel suo caso, della trap della Dark Polo Gang) che l’hanno portato al successo, «correndo il rischio di perdere un pezzo della mia fan base delle origini». Il brivido dell’azzardo è stato senz’altro una delle componenti che lo hanno motivato a orchestrare 34 artisti, presi da mondi musicali talvolta lontanissimi, da Fabri Fibra a Coez, da Ketama126 a Cosmo insieme a Pop X, fino a Ghali, Madame, Psicologi e Chiello.
Il titolo X2 che cosa racconta?
Lo yin e lo yang, il lato dark e quello più leggero, positivo, che da sempre convivono in me. Oggi sono al centro di questi due estremi, non finisco mai trascinato dall’uno o dall’altro, e questa è una bella posizione per fare musica, perché non rischi di essere monocolore, di ripeterti e annoiare gli altri.
In cosa ti senti cambiato?
Fare questo disco mi ha aperto ad un mondo che prima non conoscevo e cioè quello del fare musica non solo col computer ma iniziare ad usare chitarre, bassi e synth. Questo ha mutato il mio sound, che era trap, una trap dark, scura. Ora, invece, ho dato spazio a tutte le mia sfaccettature, e questo album è un po’ una “radio” di Sick Luke.
Quanto è stato difficile misurarsi con generi nuovi, come l’indie e l’it pop?
Mi sono dato tempo per farlo al meglio, per costruire alla perfezione anche pezzi lontanissimi dalla trap. Com’è stato per il singolo d’uscita La Strega del frutteto, che è stata la traccia su cui sono stato più a lungo. Penso che da producer e beatmaker che ero, ho iniziato a fare più il direttore d’orchestra. Ho chiamato dei musicisti a suonare degli strumenti che non so suonare, perché quando mi metto alla tastiera vado a orecchio. In X2 mi accompagna Valerio Bulla, bassista dei Cani, un maestro, che mi ha assistito in tutto. Avevo delle idee e gli chiedevo di suonare delle cose, che poi uscivano alla perfezione. Valerio mi dice sempre che riesco a sentire le note come uno che sa suonare e questa cosa mi inorgoglisce.
Gli artisti che hai scelto per i vari featuring sono stati abbinati casualmente o è stato necessario un attento studio per creare i giusti “incastri”?
Tutti i feat sono stati studiati, ragionati, fatti su misura intorno alle personalità dei musicisti. Guarda per esempio all’accoppiata Cosmo-Pop X: abbiamo deciso di mettere questi due folli insieme, ma alla follia abbiamo sempre accompagnato il metodo.
Pop X ha collaborato, per altro, con pochissimi della scena rap: com’è andata tra di voi?
Pop X l’ho scoperto con Missili, che mi aveva flashato, da lì mi sono andato a vedere tutti i suoi video e ho pensato che fosse fuori di testa ma in un modo super intelligente e personale. Mi piace un sacco come vede il mondo, e quando ho iniziato a lavorare al disco ho desiderato che entrasse nel team, per poter aggiungere quella dose di ironia che mancava, in mezzo a tante cose serie, romantiche o tipicamente trap. Ci stava tutta, una trollata. Anche se, vabbè te lo dico, non era esattamente la prima volta che collaboravamo…
Ah, non è stata la prima volta?
No, esiste una canzone in cui lui canta e io canto ma che non è mai uscita. Per fortuna. Era un pezzo troppo psicopatico.
E coordinare 34 artisti diversi quanto è da pazzi?
Abbastanza, bisogna essere parecchio boss, ma ho scelto persone nelle quali ripongo immensa fiducia. Tedua, per esempio, è un fratello, Fibra è stato da subito il più positivo di tutti, con Taxi non vedo l’ora di fare un live, Ariete è un talento incredibile. È stato difficile stare appresso a tutti, capire se a loro gasava l’idea e se il brano si potesse avverare. Alla fine è andato tutto bene, sono felice che si siano fidati di me.
Come hai gestito, invece, i testi? Hai dato carta bianca?
Una cosa la devo lasciare all’artista, mica posso decidere tutto io, e quella cosa sono proprio i testi.
Libertà, il pezzo con tuo papà Duke del Truce Clan, che significato ha per te?
In quel pezzo faccio un po’ di omaggi a lui, oltre che parlare brevemente, che non è la mia cosa preferita, di me. Libertà è una canzone a cui tengo tanto, oggi so chi sono, so chi è mio padre, e ho voluto che fosse lei chiudere il disco come piccolo regalo a chi mi vuole bene.
C’è una caratteristica che un producer deve avere?
Talento. Deve avere quella cosa in più che gli permette di catturare l’attenzione, di spiccare su tutti, come è stato per me, come è stato per Tha Supreme. Deve avere stile, carattere, deve essere un po’ un super eroe, con il suo “personaggio”, la sua particolarità. E poi deve credere in se stesso, tantissimo.
A proposito di colleghi, ti è piaciuto OBE di Mace, che lo scorso anno ha fatto qualcosa di simile a te, mettendo insieme tantissime voci diverse della scena italiana?
OBE è una bomba. Veramente una figata, così come il disco di Night Skinny. Ho un po’ rosicato per non essere stato il primo a creare un disco del genere, perché, sì, avrei voluto esserlo! Penso che Mace, in particolare, sia stato un apripista per questo genere di contaminazione fatto qui, in Italia, con artisti di casa nostra. Il momento è propizio, la musica ha voglia di contaminarsi, di mischiarsi, e noi pro- ducer dobbiamo essere bravi e pronti a captare queste vibrazioni e farle splendere.
C’è qualcuno che ti ha mai detto di no?
Sì, ma io non m’accanno, come si dice a Roma, cioè non porto rancore. Non mi offendo, no hard feelings, anzi, lascio sempre una porta aperta per la prossima volta. E la prossima volta, per la mia musica, sarà presa, e sarà ancora diversa.
Articolo pubblicato su WU 112 (febbraio – marzo 2022)
Sick Luke su IG
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