NO CURVES – EPPUR SI MUOVE
Ha festeggiato i 15 anni ufficiali di carriera con una mostra, Movimento Geometrico, ospitata nello spazio eventi di Palazzo Pirelli a Milano. Un titolo che sottolinea come siano proprio gli angoli e le linee dritte, ancora più che il nastro, a definire la sua arte
di Enrico S. Benincasa
Dal 19 gennaio al 16 febbraio si è tenuta presso lo spazio eventi di Palazzo Pirelli Movimento Geometrico, la personale di No Curves che celebra i suoi primi 15 anni di attività. In realtà l’artista brianzolo ha cominciato prima a sperimentare con nastro e forbici, ma ha iniziato a utilizzare questo nome d’arte, che prima del suo essere tape artist “certifica” la sua volontà di affidarsi a uno stile ben preciso, a partire dal 2007. Dalle pubblicità dei marchi di moda modificate con il nastro fino alle opere di oggi, realizzate su lastre di plexiglass e alluminio, sono passati cinque lustri e chilometri di nastro. Attraverso tutte queste linee rette e i conseguenti angoli ci ha fatto vedere come, anche senza smussature, si possono raccontare i tanti livelli della complessità della realtà.
Com’è nata Movimento Geometrico?
La mostra era pianificata già da tempo, prima della pandemia. Il focus principale è raccontare i miei primi 15 anni di attività come No Curves, anche se in realtà sono più di 20 che sperimento con il nastro. Volevo mostrare come mi sono evo- luto nell’arco di questo tempo senza tradire il medium e il mio modo di fare arte. Il titolo, Movimento Geometrico, sottolinea la dinamicità che hanno queste opere, qualcosa che può sembrare ovvia ma che non è affatto scontata.
Le tue opere, però, forse di più rispetto a quelle di altri artisti, hanno diverse letture visive anche da “ferme”.
Sì, è vero, ma forse più di altre sono percepite come statiche per via di queste forme. La materia nastro, il colore e la luce, quando sono assieme, riescono a dare quel movimento, che io definisco geometrico, che si può notare solo dal vivo. Per chi vede l’opera finita è difficile immaginarsi il lavoro che c’è dietro. È una cosa che si nota solo quando mi si vede all’opera, per esempio, durante una performance.
È stato difficile avere tutte le opere che volevi?
C’è stata piena disponibilità da parte di collezionisti e società che hanno comprato le mie opere. Certo, per via del Covid qualche opera è rimasta con me per più tempo di quello che avevamo messo in conto. Ci sarebbe piaciuto fare la mostra in contemporanea con il Salone del Mobile, avremmo potuto trovare una seconda location per esporre anche la parte della mia produzione più legata al branding e al design, ma abbiamo dovuto fare delle scelte e va bene così.
Ha inciso nella scelta delle opere il fatto di essere al Pirellone?
Sì, anche nella disposizione delle stesse. In apertura ci sono due pezzi enormi, risalenti al 2014, in cui avevo disegnato una Milano che ancora non aveva tutti i grattacieli che ora ha. Anticipano lo skyline attuale, quello che oggi tutti conosciamo. C’è un’altra anticipazione delle evoluzioni della città: una foto di un intervento con il nastro che avevamo fatto all’interno dei Bagni Misteriosi ancora prima che fossero ristrutturati.
È cambiato il tuo modo di fare i ritratti nel corso del tempo?
Non molto, forse è cambiato un aspetto leggermente stilistico legato alla complessità e una cosa che a livello di colore, con contrasti che sono oggi molto più marcati. Più in generale, mi è stato fatto notare come in questa mostra si percepisca la mia costante ricerca in avanti senza arretrare rispetto alle scelte che ho fatto quando ho iniziato. Questo filo rosso, questa costante, la trovi sia sui primi manifesti modificati sia nelle ultime opere.
Qualche anno fa, parlando della tape art, ci hai detto che aumentava la gente che utilizzava il nastro ma non vedevi molta innovazione e ricerca. Sono cambiate le cose?
No, direi di no. Non esiste un vero e proprio movimento legato alla tape art, diciamo che è una definizione dell’attitudine a lavorare con questo mezzo all’in- terno di quella che è tutta l’arte urbana. Negli anni tanti artisti più giovani di me lo hanno usato per sperimentare e ho visto cose bellissime, ma spesso ferme alla mera decorazione.
Ci vorrebbe un movimento più riconoscibile?
Sono sempre dalla parte di chi porta nuove idee, ma non penso sia un problema di medium. Prima di essere un tape artist io sono No Curves, il nastro è uno strumento che è arrivato nel momento giusto della mia vita e in cui mi riconosco ancora, ma non è solo un discorso estetico. Il nastro e la geometria sono connessi, ma il concetto del mio modo di fare arte va oltre lo strumento. Con la grafica digitale puoi fare cose fantastiche, ma nel mio caso molti dei risultati li ho ottenuti perché ho lavorato con uno stile materico, applicato nella realtà, dove non puoi spostare una linea con i click. L’effetto totale lo vedi alla fine, solo quando hai posizionato l’ultimo centimetro di nastro.
Articolo pubblicato su WU 112 (febbraio – marzo 2022)
No Curves su IG
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