COSA C’È (A) DOPO?
DOPO?, con il punto di domanda, è il nome scelto per il nuovo spazio culturale in via Boncompagni 51, nel quartiere Corvetto di Milano. Viene da Dopolavoro, l’associazione che ha dato vita al progetto e che con cinque caratteri ha sintetizzato al meglio la vocazione di questo luogo
di Giorgia Martini
Indagare i confini del mondo lavorativo, e in particolare il rapporto fra il lavoro e la produzione culturale: è questa l’idea del collettivo di giovani di età compresa fra i 27 e i 36 anni, appartenenti principalmente al mondo dell’architettura e del design, che hanno ideato DOPO?. Ma in realtà, quell’ex spazio industriale che sta praticamente davanti al vecchio Dude, storico club milanese, è un luogo che per definizione non si pone vincoli di sorta, il fatto stesso che il punto di partenza sia una domanda dice molto dello spirito del progetto.
Lo spazio ha inaugurato a marzo 2022, ma l’idea nasce naturalmente molto prima. Il nucleo di partenza include Parasite 2.0, Bianca Felicori/Forgotten Architecture, Carlotta Franco, Salvatore Peluso, PLSTCT e Fosbury Architecture. DOPO? doveva nascere in una bottega perché l’idea era quella di ricreare un ambiente familiare, di condivisione spontanea delle conoscenze tipica degli ambienti artigiani. Alla fine ha trovato casa in uno spazio molto più grande, quasi per caso, bussando alla porta giusta nel momento giusto. Quella di Rosella, un’anziana imprenditrice milanese, che con il suo filo di perle al collo e il bassotto seduto accanto ai piedi, ha proposto loro un’ex officina a Corvetto.
DOPO? è uno spazio che nasce da un’esigenza materiale, quella di avere un posto in cui lavorare, ma soprattutto dal bisogno di «trovare un luogo che si collocasse idealmente fra il Macao e la Triennale», come spiega Carlotta. Meno destrutturato del centro sociale di Viale Molise, ma anche meno istituzionale rispetto a Brera. L’idea era creare un luogo di condivisione per una generazione di lavoratori autonomi che a Milano sono sempre di più e che la maggior parte delle volte sono costretti al nomadismo o alla clausura fra le mura di casa.
Anche se molto più che logistica, la questione era sostanziale: si voleva creare una comunità, nutrire relazioni, fare produzione culturale nel senso più ampio del termine. Incontrarsi alle mostre o assistere a performance non era più sufficiente, perché il tipo di confronto che si genera in quelle occasioni è per forza di cose superficiale, non coinvolge il processo, l’ideazione, il percorso che ha portato al prodotto culturale che poi si espone. Non c’è partecipazione dell’atto creativo, qualunque esso sia, mentre è intervenendo nella fase di edificazione del progetto, che la voce di ciascuno può fare la differenza.
Il pay off di DOPO? è “Uno spazio per il lavoro culturale e per la ricreazione condivisa”, che sottende la netta convinzione che oggi il lavoro culturale si possa fare solo unendo i due momenti, il lavoro nel senso più canonico del termine e lo svago, il tempo libero. I fondatori hanno costruito, letteralmente con le proprie mani, ideando il progetto ma anche carteggiando i muri, uno spazio con cui fondersi, che fosse a immagine e somiglianza non soltanto loro, ma di tutti quelli che avrebbero voluto farne parte anche solo partecipando ai loro eventi.
DOPO? parte dal presupposto che uscire dalle logiche della performance, dalle strutture gerarchiche, dalle costrizioni orarie, incoraggiando allo stesso tempo la convivenza con persone che svolgono attività diverse, il lavoro di ciascuno può essere realmente proficuo e aiutare la qualità della vita. Per questo parte delle loro attività comprende la condivisione di momenti che vanno molto oltre il lavoro in senso stretto: mangiano insieme, si prendono cura dello spazio, come dice Carlotta, fanno «il lavoro sporco», proprio quello che ha permesso quattro mesi fa di aprire questa nuova realtà.
In origine da DOPO? si sarebbe dovuto parlare molto di lavoro, si prevedevano sin da subito talk e incontri per confrontarsi su cosa significhi oggi fare lavoro culturale. In realtà quello che per ora sta succedendo in questo spazio è concretamente lavoro culturale, si scolpisce un modello, lo si costruisce nel quotidiano, lo si interroga per riplasmarlo e per arrivare a renderlo una case history. Una volta che questo sarà avvenuto, che il concetto ampio di lavoro culturale sarà stato traslato in pratiche tipo, DOPO? Space non sarà soltanto un luogo in cui discutere, ma sarà il luogo di cui discutere.
La foto in alto è di Carlotta Franco
DOPO? su IG
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