DARGEN D’AMICO – BALLARE DA SOLI
Il suo nuovo disco, uscito il 4 marzo, si intitola ‘Nei sogni nessuno è monogamo’ e anticipa il suo ritorno dal vivo. Di rivedere il suo pubblico ha moltissima voglia, perché in lui è più presente che mai una cosa preziosa per un artista, cioè «la necessità di capire che cosa provano le persone»
di Carlotta Sisti
La vocazione alla solitudine può portare a effetti diversi. Nel caso di Dargen D’Amico è stata la condizione per attivare un’ininterrotta conversazione con se stesso che è diventata musica. Questa autodialogo ha preso tante forme, dalle sfide di freestyle dei primi Novanta, all’hip hop delle Sacre Scuole, quando era Corvo D’Argento e rappava con Guè Pequeno e Jake La Furia, alla carriera solista iniziata nel 2006 con Musica Senza Musicisti, fino a quella di autore per altri artisti. Dargen D’Amico è un solitario dichiarato, sì, ma è anche uno che ha «sempre cercato le collaborazioni». «Anche nella vita quotidiana» perché, dice, sa «oscillare tra la necessità di stare da solo e la sensazione fisica che mi manchino gli altri».
Com’è tornare a preparare i concerti?
Mi piace molto la fase preparatoria, mi ci sento a mio agio e sono molto contento di tornare a girare per l’Italia a fare quello che ho sempre fatto. C’è molta emozione e molta curiosità.
Quando è stata la tua ultima volta sul palco, tolto quello di Sanremo?
Agosto 2019. Infatti mi sento come quando da ragazzino vai in gita, l’attesa, la smania è quella.
Ai tempi di D’io mi avevi detto che il tuo obiettivo nella vita non è la serenità ma continuare a farti delle domande, è ancora così?
Con la maturità cambiano le pretese che abbiamo nei nostri confronti e si abbattono le richieste che ci facciamo, ed è un po’, forse, per la coscienza di una minore prestanza fisica. Ma per tutto il resto non vedo grosse differenze tra il me di oggi e quello di allora: cerco sempre di fare musica per mettermi in pari, provo a riequilibrare le mie sensazioni e a fare pace con quello che succede ed è successo.
Metterti in pari rispetto a che cosa?
Rispetto a quello che ho subìto e quello che ho fatto subire agli altri.
Ti riferisci alla tua cerchia di persone o è un discorso più largo?
Non riesco a scindere la mia cerchia di persone dal resto delle cose del mondo, una volta che esco da me non mi è possibile fare distinzioni tra gli esseri viventi che mi circondano.
Hai il ricordo del momento in cui sei diventato adulto e questo tipo di consapevolezza è maturato dentro di te?
In realtà ho sempre convertito il mio tempo libero in chiacchiere con me stesso, fin da quando ero molto piccolo e passavo parecchio tempo in solitaria. Ho sempre fatto ragionamenti su me e gli altri. Poi non credo di essere ancora nella mia fase “adulta”, della consapevolezza, sento ancora che perdo rigagnoli di energie, che dovrei concentrare, magari, nel tentativo di scattarmi una fotografia definitiva, in dinamiche adolescenziali. Mi sento ancora sperimentale, ecco.
Da persona solitaria come racconti di essere, qual è la caratteristica umana che ti fa legare a qualcuno?
Mi devo sentire o particolarmente in sintonia o molto lontano. A volte capita anche che le due cose avvengano contemporaneamente. Forse l’unico problema di chi come me è abituato a stare tanto da solo è proprio far fatica a stare con le persone. Perché hai registrato la tua normalità che è molto “autogestione”, e allora a volte succede, ed è una cosa che mi rimprovero, di avere poca pazienza con gli altri.
Che cosa ti ricarica, visto che poco fa parlavi di fughe energetiche che scivolano via?
La natura. Avere tempo per seguire il passaggio da uno stato all’altro delle cose. Restare concentrato sull’immutabile. Anche l’alternanza delle stagioni mi ricarica. L’autunno per esempio, mi ricarica. Anche la primavera. L’estate la soffro, se fa molto caldo tendo a non fare assolutamente nulla.
Ed è un amore recente questo per la natura?
No, ricordo bene la sensazione di totale godimento che provavo da piccolo, quando venivo spedito alle Eolie, terra d’origine di mia madre che è di Filicudi. In questo momento è cosciente questo amore, cioè so che ho bisogno di tornare ogni tot nel silenzio e negli elementi, che siano quelli del mare, dei monti, del bosco non importa. Se non lo faccio mi rimane quella spia lì accesa. Però per imparare a godere di queste cose bisogna uscire dal pensiero che si è lì per il proprio benessere. Bisogna uscire da ogni riferimento verso se stessi e da ogni aspettativa.
Sei sempre stato portatore di un discorso anti machista, all’interno del rap: sei felice di vedere che finalmente oggi quell’immaginario sta pian piano sbiadendo?
Sì, superficialmente si sta indebolendo, anche perché è diventata una moda musicale quella del cross dressing, ma dalla superficie sta filtrando alle radici. Poi se parli con i più giovani, fanno fatica a seguire i ragionamenti che facevamo in Italia due decadi fa, non serve andare troppo indietro. Quindi sì, sono molto felice perché ho sempre identificato quello del machismo come un grosso problema della musica, ma è un problema del mondo, perché il machismo lo governa. Sono ancora gli uomini che governano il mondo, purtroppo.
Nel tuo disco c’è un pezzo che si intitola Ustica: di che cosa è simbolo Ustica, per noi nati negli anni Ottanta?
Per me è un trauma irrisolto. Nel momento in cui mi stavo formando una coscienza civile e politica, nel ’92-’93-’94, anni molto delicati per l’Italia, trovarsi di fronte alla realtà del codice genetico del nostro Paese mi ha traumatizzato. E quando apro il rubinetto della scrittura vengono fuori anche queste immagini, cristallizzate nel mio bagaglio culturale di cittadino italiano. Oggi ai ragazzi succede di vedere che lo Stato in cui vivono non faccia passare dei referendum come quello sulla liberalizzazione della cannabis e sull’eutanasia. E questo, più che dei temi in sé, è sintomo del fatto che in Italia non decidono mai i giovani: siamo ancora un Paese mentalmente vecchio, fermo, difficile da smuovere, da scuotere.
Chiudiamo, allora, con i giovani: chi ti piace molto in questo momento?Madame. La trovo davvero, davvero interessante.
Articolo pubblicato su WU 113 (aprile-maggio 2022)
Dargen D’Amico su IG
La foto di Dargen è di Adriana Tedeschi
Dello stesso autore
Carlotta Sisti
INTERVIEWS | 24 Aprile 2024
CLAUDYM – AL CENTO PER CENTO
INTERVIEWS | 7 Marzo 2024
ANY OTHER – SCELGO TUTTO…
INTERVIEWS | 9 Marzo 2023
SANTI FRANCESI – GIOIA FRENETICA
INTERVIEWS | 24 Novembre 2022
MEG – BELLISSIMO MISTERO
INTERVIEWS | 29 Settembre 2022
BIGMAMA – NIENTE TRUCCHI