ARTE ALL’ARIA APERTA
Abbattere i perimetri chiusi e cercare una modalità espressiva anche fuori dalle mura dei musei: questo fanno molti artisti contemporanei, celebrando la creatività en plein air e trasformando luoghi spesso remoti del mondo in destinazioni culturali imperdibili. A raccontare il fenomeno è ‘Art Escapes’
di Marzia Nicolini
Outdoor art. O del portare l’arte nel mondo, superando anarchicamente i confini dei musei, portando l’opera e/o la performance all’aperto, in sinergia o in contrapposizione con l’ambiente, sia esso naturale o urbano, bucolico o aspro, incontaminato o abitato. Se ne parla (per iscritto, ma soprattutto attraverso le immagini) nel nuovo libro di Gestalten Art Escapes.
Gli addetti ai lavori conoscono indubbiamente da lungo tempo questa modalità performativa di creazione artistica, ma per tutti gli altri si tratta di un fenomeno relativamente recente, da conoscere ed esplorare con curiosità. Come si legge nell’introduzione, l’elemento sorpresa è intrinseco a questo tipo di opera d’arte, spesso determinante nella sua capacità di emozionare. Per dire, ci si trova in mezzo al deserto, magari in fuoristrada per un safari alle luci del tramonto, e all’improvviso ecco profilarsi all’orizzonte un’inaspettata creazione artistica, che sia una scultura o una tela in vistosi colori. Oppure si sta visitando un’area periferica di qualche metropoli e si resta folgorati dinanzi a un murale gigante in stile pop, così animato da sembrare vivo.
Ritornando all’immagine della jeep nel silenzio del deserto, impossibile non pensare all’esperienza di Marco Furio Ferrario. Imprenditore, classe 1984, una professione che lo fa viaggiare tra Milano e la Namibia, Marco si è imbattuto qualche anno fa nelle sculture di RENN, pseudonimo di autori desiderosi di restare nell’anonimato. Mentre percorreva da solo la regione Kunene del deserto del Namib, il più antico al mondo, è rimasto folgorato dinanzi a questi manufatti immersi nella natura intatta. Da quel momento si è dato un obiettivo: dare massima visibilità all’opera, tanto da riuscire nell’impresa non da poco di includerla alla Biennale di Venezia 2022 con il padiglione della Namibia “A Bridge to the Desert”.
Questo è un esempio recente, ma che dire di Alberto Burri (1915 -1995)? Tra le molte produzioni dell’artista e pittore non si può dimenticare Il Cretto di Gibellina, opera site-specific di land art che copre circa 80 mila metri quadrati, realizzata tra l’84 e l’89 in Sicilia dove sorgeva la città vecchia di Gibellina rasa al suolo terremo- to del 1968. Parlando di land art, scatta automatico il pensiero a Christo e Jeanne- Claude, progetto artistico comune dei coniugi Christo Javašev e Jeanne-Claude Denat de Guillebon, instancabili realizzatori di opere su scala extra large a partire dagli anni Sessanta, spesso secondo la tecnica dell’empaquetage. L’intervento diretto dell’artista sul territorio stabilisce un approccio necessariamente attento al contesto di inserimento dell’opera, che considera il paesaggio e “lavora” con esso.
«Incontrare l’arte in maniera inaspettata, che sia percorrendo un sentiero nella campagna siciliana o addentrandosi tra i quartieri losangelini, può cambiare la nostra visione dell’arte e del mondo», afferma Grace Banks, giornalista e autrice di Art Escapes di Gestalten. La quale ricorda come se fosse ieri il senso di esaltazione nello scoprire, mentre si trovava in trasferta a Cuba qualche anno fa, Fusterlandia, installazione di arte pubblica realizzata in un quartiere de L’Avana dall’artista locale José Fuster. Davanti al patchwork di mosaici coloratissimi e volutamente infantili e naif inneggianti alla rivoluzione comunista della nazione, l’autrice ha colto la potenza dell’arte che sconfina dal museo. Non è forse capitato a chi ha avuto la fortuna di imbattersi nelle opere murarie di Banksy, il più famoso street artist inglese dall’identità top secret? Il fatto che manchi (spesso, non sempre) il pagamento del biglietto d’ingresso tipico della mostra tradizionale rende il tutto ancora più democratico e, per molti versi, libero.
Senza voler condurre una lezione d’arte, ci sembra importante riportare un’osservazione di Grace Banks. Nella premessa al libro, infatti, l’autrice ricorda come l’arte immersa nel paesaggio sia parte della storia umana da lunghi secoli. Pensiamo ai vari totem, alle sculture realizzate assemblando enormi macigni, alle pitture rupestri realizzate con argille e pigmenti naturali negli antri delle caverne. I popoli nativi di Africa, Americhe e Oriente creavano costantemente arte nella natura. Poi, l’avvento delle grandi capitali nel 1700 ha dato vita alla tradizione museale. Che ovviamente il libro di Gestalten non intende in alcun modo rinnegare: si tratta solo di ricordare che esiste anche un altro tipo di arte. Inaspettata perché fuori dai soliti circuiti, capace di generare stupore. Citiamo Keith Haring per concludere in bellezza: “i miei disegni potrebbero essere disegnati su qualsiasi supporto o materiale, come i geroglifici egizi, i pittogrammi maya o indios. I miei disegni vogliono attivare una superficie e diffondere energia. E trasformare una superficie neutra, anonima, dandole una personalità”. La superficie può essere la parete di un edificio, il vagone di un treno, l’antro di una galleria. In artistici sconfinamenti.
Articolo pubblicato su WU 115 (settembre 2022).
Foto in alto: Gisela Colón, Photo Lance Gerber, Art Escapes (Gestalten 2022). Artwork: “The Future is Now”