ADIEL – IL SIGNIFICATO DELLE PAROLE
Dagli esordi della residenza al Goa di Roma, ai tour in giro per club e festival di tutto il mondo (anche in Giappone). L’artista romana festeggia i dieci anni di carriera e lo fa nella maniera che le riesce meglio: producendo musica bellissima
di Dario Buzzacchi
Il 16 giugno esce Il Significato delle Parole di Adiel, edito dalla sua label Danza Tribale. Semplicemente, la sua più bella release. O la sua più bella release finora, mi correggerebbe Homer Simpson. In un mondo – quello dell’elettronica – dove imperano hype, apparenza e autoreferenzialità, Alessia ha saputo costruire un percorso coerente, alzando costantemente l’asticella e mettendo la produzione musicale al centro del progetto. In attesa di ballare insieme a lei quest’estate – in Italia al Cocoricò e a Parco Gondar – ci ha raccontato di questa nuova pubblicazione e di tanto altro.
Partiamo dalla fine, ovvero da Il significato delle parole. Cosa rappresenta per Adiel questa release e qual è il significato delle parole?
Questo EP per me rappresenta, artisticamente, una svolta. Mi sento molto cresciuta e in questo progetto sono riuscita a creare una sorta di crossover tra quelle che sono due menti: la mia, e quella di un grandissimo musicista e compositore come Flavio Accorinti. La fusione di queste due visioni ha dato vita a un nuovo scenario per quello che è il mio modo di approcciarmi alla musica, e la connessione con Flavio mi ha dato modo di esplorare nuove forme di narrazione. La prima traccia di questa release, Parole, è stata la prima traccia che ho scritto, e rappresenta appieno il senso di tutto l’EP: con parole sbagliate a volte si alzano dei muri, mentre usare quelle giuste significa creare dei ponti. Cambiare le parole, cambiare i concetti e le idee, e cambiare quindi la realtà: questo è il messaggio che mi ha ispirata per creare questo pezzo.
L’artwork della cover è un disegno di una maschera, una costante delle uscite di Danza Tribale. Ci racconti di questa scelta?
Grazie per avere sottolineato questo aspetto: gli artwork per me sono uno strumento per offrire un’esperienza non solo musicale, ma anche visiva. Ogni singola cover viene creata appositamente per ogni uscita da un artista che stimo moltissi- mo, Kero. Insieme, all’inizio, abbiamo cercato un modo per dare un’identità visiva forte, sia per Danza Tribale sia per le mie uscite. Sono sempre stata una grande fan di Shackleton e della sua label Skull Disco, che è stata una fonte di ispirazione importante per raggiungere una completa armonia tra estetica e musica. E mi piace condividere tutto questo anche con il pubblico.
Hai citato il pubblico: che rapporto hai con i tuoi fan, da quelli che ti seguono fin dai tuoi esordi a quelli più recenti?
La mia fanbase è molto importante e interagire con loro è una forma di connessione a cui tengo molto. Cerco di mantenere un rapporto diretto e autentico con il pubblico e di recente ho aperto un gruppo Telegram per Danza Tribale. Grazie alle persone che mi stimano e mi seguono fin dall’inizio, ho potuto sviluppare il mio suono e la mia espressione artistica: è stato un percorso di crescita insieme e sono molto grata a tutti per questo.
Dopo l’uscita de Il significato delle parole, quali sono i prossimi step per Danza Tribale? E che ruolo pensi abbiano le label degli artisti nella music industry?
Dell’EP innanzitutto uscirà un pacchetto di remix: non posso ancora svelare i nomi degli artisti che li realizzeranno, ma sarà la prima volta in assoluto che Danza Tribale pubblicherà un remix pack. Ci sono anche altre novità: uscirà un album, ma non sarà il mio. Anche in questo caso si tratterà di una prima volta. Etichette indipendenti come la mia possono fare una grande differenza: hanno la capacità di sostenere e promuovere l’arte e la creatività, senza essere influenzate dalle scelte del mercato. Permettono di lavorare in modo autentico e offrono l’opportunità di supportare artisti emergenti o meno noti, dando la possibilità di far ascoltare la loro voce su una piattaforma più ampia.
Parliamo del Goa Club, dove tutto è iniziato. Cosa ti manca di più e qual è il ricordo più felice che ti viene in mente di quel magico posto in via Libetta?
Guarda, ci stavo ripensando proprio ieri: mi manca tutto. È inutile sottolineare l’importanza di un club come il Goa a Roma: ma ricordando le cose belle, ieri appunto pensavo alla mia prima serata, che è stata una fonte inesauribile di emozioni. Non riesco a dimenticare il mio set, dalla prima all’ultima traccia. La cosa più emozionante è stata l’attesa che c’era, perché quella sera erano presenti anche tutti i miei amici. È una cosa che ricordo con grande gioia, perché ovunque guardassi vedevo persone sorridenti. È stato l’inizio più importante e sicuramente il migliore che potessi sperare. Mi sento molto fortunata ad averlo vissuto. Quindi, anche se un po’ di malinconia c’è, pensiamo a quanto è rimasto di bello.
Che rapporto hai con la moda?
In realtà mentre iniziavo a fare la dj ho studiato fashion design all’Accademia di Costume e Moda di Roma, quindi potrei dire di essere un’appassionata di quel mondo. Sono sempre stata più attratta dall’aspetto del disegno, della scelta dei materiali, e di tutto il processo creativo per trasmettere un’idea. Ho fatto una scelta e ho deciso di dedicarmi completamente alla musica, ma continuo comunque a seguire molto le sfilate e quel mondo, anche se ora rimango una semplice “fan”.
Hai da poco festeggiato i dieci anni di carriera. Che consiglio daresti a una giovane dj che volesse seguire le orme di Adiel?
Di seguire sempre la propria passione e di lavorare duramente per raggiungere gli obiettivi. L’industria musicale è difficile e competitiva, quindi è facile perdersi. Penso che l’elemento più importante sia sempre quello di rimanere fedeli a se stessi e al proprio stile musicale: bisogna cercare costantemente di migliorarsi, cosa che richiede tempo e impegno. La cosa più importante è capire come sviluppare la propria identità artistica e il proprio suono.
Quest’estate hai tantissime date in giro per il mondo. Ce n’è una in particolare per la quale hai grandi aspettative?
Difficile scegliere, ma direi il Womb a Tokyo l’1 settembre, la mia prima gig in assoluto in Giappone, un Paese che adoro e che non visito da quattro anni. Non vedo l’ora!
Nella foto in alto: Adiel
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