MOTTA – FINIRE PER RICOMINCIARE
L’artista pisano ormai romano d’adozione torna con un nuovo disco, ‘La musica è finita’. Ma in verità – e per fortuna – non è finito nulla: tutto si è semplicemente trasformato ed evoluto. E queste canzoni lo mostrano con potente sincerità
di Giulia Zanichelli
Un album coraggioso e profondo, libero e diretto. A due anni dal precedente Semplice, Francesco Motta dà alle stampe un disco, La musica è finita, che spariglia le carte, pur rimanendo sempre fedele alla sua anima e alla sua poetica. Il cantautore originario di Pisa si è messo in gioco, ha sperimentato e si è affacciato su territori creativi finora inesplorati. Il risultato sono dieci tracce di rara autenticità e intensità, che ci siamo fatti raccontare dal musicista in un giorno off del tour che, nel mese di novembre, lo ha visto suonare in sette tra i miglori club italiani.
Partiamo dalle tue sensazioni: il disco è uscito, il tour è in corso…
Sto bene, molto bene, il live è davvero un grande festeggiamento di questo disco. Viverlo a pochissima distanza dall’uscita dell’album mi ha riempito di gioia. In generale, attraverso una fase in cui non vedo l’ora di fare musica. Di solito, quando finisco i dischi, tendo sempre ad avere un momento in cui cerco di capire da che parte andare, e invece è come se si fosse sbloccato qualcosa, dopo aver trovato in questo disco, in qualche modo, anche la fine di qualcos’altro. Ci stiamo diver- tendo in giro, stiamo suonando bene, i ragazzi della band sono pazzeschi. Dal vivo questo album assume un’altra forma che è sicuramente meglio… Se fosse il contrario sarebbe una tragedia!
Il titolo del disco, La musica è finita, può essere spiazzante. Ascoltandolo si capisce che in realtà è finita solo per ricominciare in nuove vesti, prospettive e suoni. Quanto è stato importante per te “voltare pagina”? Cosa è cambiato?
Il cambiamento in potenza c’era già nel disco precedente, poi questo desiderio è venuto fuori tutto insieme. All’inizio era un po’ come se non fossi preparato e facessi fatica ad accettarlo, sia dal punto di vista musicale, sia per la scelta di una serie di collaboratori nuovi. Ma è stato importantissimo coinvolgerli, hanno dato un altro stimolo al progetto evitando uno sbaglio che ci può essere da parte di un artista, quello di ripetersi. Vivere questa vita nuova mi piace un casino, è come se avessi ritrovato una curiosità che fino a qualche tempo fa era un po’ scemata, forse anche perché mi ero accomodato su zone di comfort. Adesso mi sono messo a fare cose che non riesco ancora bene a fare ed è molto stimolante.
Che è un po’ anche il senso di quel Chissenefrega del mondo e di noi che canti in una canzone. Arrivare alla consapevolezza dell’importanza del fregarsene del cercare soluzioni, coerenza e risposte assolute.
Sì, questo disco, un po’ come La fine dei vent’anni, è un disco in movimento, come è stato Vivere o morire. È come una fotografia in movimento, mai pienamente a fuoco. Questa è la cosa che inseguo sempre nella musica: non cercare sicurezze.
Come accennavi, hai lavorato con tanti altri artisti in varie forme, dai feat “esplicitati” a quelli nella scrittura, come con Danno e Francesco Bianconi.
In questo disco ci sono persone con cui avevo collaborato in altri dischi e altre con cui non lo avevo mai fatto, e questa novità mi ha dato un sacco di stimoli. Sentire cantare delle persone insieme a me è una strada che si è aperta e che non voglio più abbandonare, mi piace questo guardarsi intorno e mettersi in gioco insieme ad altri. Purtroppo, quando lavori tanto con una persona, c’è il “rischio” che ci si capisca talmente bene che è come se si fosse una cosa sola. Io invece volevo mettermi in gioco tanto, anche auto inducendomi questo processo, e fare dei featuring è stato fondamentale.
Cosa ha portato al disco l’affiancamento alla produzione di Tommaso Colliva?
Colliva è un mago del suono. Abbiamo deciso insieme di cercare di sintetizzare di più rispetto a prima. Ci sono sempre tantissimi strumenti, anche impercettibili, però c’è una scelta drastica di cosa usare in una canzone o in un’altra. Per prendere questo tipo di decisioni ci vuole sempre uno sguardo esterno: per quanto abbia lavorato anche come produttore dei miei o di altri dischi, quando scrivi le canzoni c’è tanto coinvolgimento emotivo, c’è bisogno assolutamente di un apporto esterno.
C’è una canzone a cui sei particolarmente affezionato, e in caso perché?
Tutte! (Ride, NdR). Se dovessi sceglierne una sarebbe l’ultima, Quello che ancora non c’è. È una di quelle canzoni il cui testo è venuto fuori in un giorno, ma per arrivare a quel giorno ci sono voluti 37 anni.
Com’è nata l’idea dell’artwork realizzato da Pepsy Romanoff?
È venuto in mente a lui, collaborare significa anche fidarsi. Credo molto a come si parlano le immagini e la musica, anche perché negli ultimi anni sto facendo molte colonne sonore. Quindi il fidarsi e affidarsi alle immagini è stato giusto: quando ha sentito i primi provini, Pepsy aveva già in mente questa doppia copertina e di basare i video su questa doppia immagine. Si può interpretare un concetto come la fine in tanti modi differenti, e penso che lui abbia centrato quello giusto per me.
A proposito delle colonne sonore, come si interseca quel tipo di lavoro creativo con quello che fai con i tuoi dischi?
Nelle colonne sonore agisco sulla musica di un testo già scritto ed è qualcosa che mi stimola molto. In questa libertà enorme di poter fare qualsiasi cosa, in questo lavoro è giusto mettersi dei paletti, cercare di capire da che parte si vuole andare e farlo con la musica. Sulla carta, è anche più stimolante e divertente di fare un disco. Questa libertà mi è servita anche per ritrovare una libertà nella scrittura delle canzoni. Sono due cose che si parlano a vicenda: nonostante le mie colonne sonore siano diverse da quello che faccio nelle canzoni, penso si capisca sempre che sono io, e questo per me è una grande soddisfazione.
Dopo oltre dieci anni di carriera, qual è per te oggi lo stato della musica italiana?
Ti rispondo così: so che sta bene perché so che, anche quando alla luce del sole non vedo cose che mi stimolano particolarmente, sotto, in uno scantinato, ci sono tre ragazzi che hanno voglia di fare un casino bestiale e di infrangere un certo di tipo di regole musicali e sociali.
Intervista pubblicata su WU 123 (dicembre 2023)
La foto in alto è di Pepsy Romanoff
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