BIENNALE 81 – MARIA DI PABLO LARRAIN
Il nuovo biopic del regista di ‘Jackie’ vede Angelina Jolie nei panni dell’immortale diva della lirica, affiancata a Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher
di Davide Colli
L’interesse di Pablo Larrain nei confronti di miti estranei alla cultura cilena è ormai assodato. Maria infatti non è altro che l’ultimo capitolo di una trilogia dedicata a icone femminili decadenti, oppresse da uno stringente status quo o dalla loro stessa immagine, che imparano a fare i conti con la loro fine.
Questo ultimo tassello della sua filmografia risulta ancora più funereo e conferma quanto si tratti di un epilogo di un discorso che potrebbe aver concluso di approfondire. Maria copre gli ultimi giorni di vita della diva il cui nome conferisce il titolo al film, che, come i precedenti personaggi storici prese in analisi, è prigioniera della sua stessa abitazione, del personale che dovrebbe servirla e riverirla quanto della propria fama.
Proprio per questo motivo l’impressione dello spettatore più smaliziato è quella di una formula ben precisa, che Larrain ha dapprima replicato in Spencer e una seconda volta in questo caso. Se l’atmosfera quasi orrorifica della parabola di Lady Diana andava in parte a riparare la perdita di smalto rispetto al biopic su Jackie Kennedy, in Maria la ricetta inizia a sembrare stantia nei suoi passaggi abituali che si susseguono puntualmente.
Angelina Jolie, calco di turno su cui modellare un’icona a lei distante, regala una performance solida, sul quale l’intero progetto sembra disperatamente sorreggersi. L’insistente quesito che si pone la Maria Callas riguarda la realtà e la finzione, che il genere del biopic pedissequamente miscela. Chi ha il controllo di decidere cosa è reale e cosa meno? Maria Callas può essere la regista della sua stessa storia, che continua a sfuggirle tra le mani?
Ancora una volta Larrain afferma a gran voce (quella della sua protagonista) quanto la morte o la vicinanza ad essa sia l’unico momento in cui presenze ingombranti nell’immaginario collettivo come quelle da lui prese in considerazione possano avere il controllo della propria esistenza e della propria immagine. Questa riflessione metatestuale viene ripetutamente esplicitata allo spettatore in maniera fin troppo pedante dalla stessa Callas quanto dai comprimari che le gravitano attorno, macchiette superficiali utili esclusivamente a evidenziare questo concetto. Che allo stesso Pablo Larrain sia sfuggito il controllo della formula da lui stesso collaudata?
Nella foto in alto: Angelina Jolie in ‘Maria’, photo credit Pablo Larra
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