UNITS
Seth Lower ha pubblicato ‘Units’, il suo terzo libro, in cui mette al centro il discorso di “unità”, interrogandosi su quali siano i suoi confini e il suo significato
di Alessandra Lanza
Fotografo e artista fin dall’infanzia, sempre supportato dalla famiglia e dal padre chimico, Seth Lower ha cominciato a sviluppare pellicole in un sottoscala. Ora l’americano è al suo terzo libro, Units, pubblicato da Mack, in cui riflette in modo spesso ironico, con le sue immagini leggére, da lèggere e rileggere, sul concetto di unità, intesa come presenza o mancanza e come misura, mettendone in discussione significato e confini.
In ogni libro fotografico la sequenza è sempre fondamentale, ma nel tuo lo sembra ancora di più. Alcuni dittici funzionano in modo splendido e sembrano inseparabili, eppure più lo sfoglio, più mi convinco che sarebbero potute esistere altre combinazioni. Come sei arrivato alla forma finale?
Ho provato molto, come succede con ogni libro: si tratta di capire che cosa funzioni meglio, mi sono preso il tempo per farlo. Le ho stampate, sistemate sul pavimento, provato le combinazioni. Il progetto era partito senza un piano preciso: ho scattato immagini che scattano anche molti altri fotografi, come gli oggetti trovati per terra. Solo dopo le ho unite, chiedendo consiglio ad amici e facendomi aiutare moltissimo da Michael Mack, l’editore, e e Morgan Crowcroft-Brown, il designer di Mack Books.
Le fotografie sono state scattate tra il 1994 e il 2017, e il progetto è uscito prima della pandemia, senza avere il tempo di tornare all’archivio come molti hanno fatto. Come hai affrontato la temporalità?
Ci sono un paio di foto degli anni Novanta, un paio di medio formato dei Duemila, ma tutte le altre appartengono al periodo tra il 2014 e 2017. Sono tutte analogiche, ma tutte scattate in diversi formati e in diverse città, tra Stati Uniti ed Europa. Durante il lockdown anche io ho affrontato l’archivio, per vedere tutto quello che ho prodotto, tirando fuori alcuni Dummy dedicati a San Francisco e al Michigan, cercando che in questo caso fossero proprio tempo e luogo a definire il progetto, altrimenti sarebbe stato ingestibile. Il luogo in Units invece non è importante, le fotografie ne sono emancipate e restano connesse dalla piattezza delle luci e dai contorni nitidi che mi ricordano il Realismo di Manet e Courbet. I miei dipinti a scuola avevano quasi la stessa luce, ti stupirebbero.
La cover del libro mi ha spiazzato rispetto alle immagini interne. Non tanto per il richiamo alle unità, che è evidente, ma per la sua qualità estremamente architettonica e regolare.
Hai ragione, e mi piace per questo. La semplicità e la linearità dell’immagine mi stavano quasi spingendo a lasciarla fuori dalla selezione, e anche qui l’apporto di Morgan è stato fondamentale. L’ho scattata in un mercato coloniale olandese in una piccola isola di Taiwan. In uno dei suoi libri il filosofo Graham Harman aveva parlato della Dutch East India Trading Company come esempio di oggetto in un sistema complesso che viaggia nel tempo e nello spazio.
Su cosa hai lavorato negli ultimi due anni?
Su un diario visivo e testuale, diviso in quattro parti e fatto di cose quotidiane, viste durante le mie passeggiate nel mio quartiere, dal fiore di tarassaco che si agitava so- pra un albero vicino al mio appartamento alle persone che mi rivolgevano la parola durante la giornata. Non mi sono concentrato tanto sugli incontri, ma sulla mia sensibilità ai piccoli cambiamenti ed evoluzioni delle cose nel tempo, sui molti oggetti che ho trovato gettati in terra a formare quasi delle composizioni, su un tavolo fuori da un locale a cui qualcuno, un giorno, ha rotto una gamba. Normalmente non avrei mai notato queste cose.
Seth Lower su IG
Intervista pubblicata su WU 108 (giugno – luglio 2021). Segui Alessandra su IG
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