ARYA – ON THE RIGHT WAY
Arya è una delle artiste più interessanti della scena black italiana e ‘Piece of Mind’, il suo esordio per Atelier 71, fa molto ben sperare per il futuro
di Enrico S. Benincasa
Raggiungiamo Arya al telefono un lunedì mattina presto, poco prima del suo allenamento di karate: «Lo faccio da quando avevo otto anni» ci dice, «sono arrivata a fare agonismo ma poi ho avuto un infortunio, ho dovuto rallentare e ho fatto altre scelte». Una di queste è quella di dedicarsi alla musica e pubblicare Piece of Mind, il suo debutto uscito lo scorso gennaio per Atelier 71. Siamo nel mondo della musica black, vissuta senza confini di genere. Tutto suona molto bene nel mondo di Arya, a cominciare dal suo nome che, come ci dice lei stessa – piccolo spoiler – non ha fatto troppo fatica per sceglierlo.
Sgombriamo il campo da un dubbio: Arya è il tuo nome di battesimo, giusto?
Sì, quando ho iniziato questo percorso non ho avuto bisogno di cercarmi un moniker particolare. I miei lo considerano un nome inventato, ma in realtà esistono altre persone che si chiamano così.
Il tuo percorso, però, è abbastanza recente…
Ho cominciato nel 2018. Al liceo avevo avuto altre esperienze musicali, le classiche cose che fai in quella fase della vita. Poi ho iniziato a scrivere qualcosa per conto mio, ma non molto seriamente. Tutto è cambiato grazie all’incontro con Idriss e Dimitri di Atelier 71, la mia attuale etichetta. Lì è scattata la molla, mi sono detta: «Posso provarci». Abbiamo iniziato a lavorare,e sul finire del 2018, ho fatto il mio primo live come Arya sul palco del Biko, in apertura a Noah Slee.
Hai fatto la corista per Ghemon e continui a farlo per Venerus: che cosa ti hanno insegnato queste due esperienze?
L’esperienza con Ghemon mi ha insegnato l’importanza di avere un’idea definita di quello che si vuole fare su un palco. È stata una palestra, mi ha colpito molto la sua disciplina nell’approccio a questo lavoro. Con Venerus le cose sono diverse, nel suo mondo c’è molta possibilità di improvvisare e anche di sbagliare. È gratificante, ma anche stancante dal punto di vista emotivo.
Come è andata questa estate, la prima da quando è uscito Piece of Mind?
Ha superato le mie aspettative. Dovevo fare solo qualche data con Venerus, alla fine ho fatto praticamente tutto il tour. Le mie date soliste si sono moltiplicate strada facendo e questo non me lo aspettavo. Ho fatto festival piccoli e festival più grandi come Genera Festival, dove mi sono esibita sul ponte di un acquedotto, a 20 metri da terra, con il pubblico sotto e le immagini live proiettate sugli archi della struttura.
Piece of Mind: potremmo dire che è un disco soul, ma non solo.
Sì, non c’è solo un genere dell’universo black in questo disco. Non sono molto fan delle divisioni e delle etichette quando si parla di musica, è una cosa che mi porto dietro soprattutto da quando ho scoperto Lauryn Hill e il suo modo di esprimersi.
Quel disco, facendo un conto sommario, ha più o meno la tua stessa età…
È stato un fulmine a ciel sereno. Ho avuto la mia fase pop, successivamente mi sono spostata verso il soul più classico come Aretha Franklin, Etta James. E poi ho scoperto Lauryn Hill guardando – lo ammetto – Sister Act 2. Sono andata a cercarmela, ho scoperto The Miseducation of Lauryn Hill e sono letteralmente impazzita.
Tuo papà è un cantante di salsa: qual è il tuo rapporto oggi con questo genere e con la musica latina in generale?
Sono in una fase nella quale me la “pompo” nelle casse per piacere personale quando ne ho voglia. Ho passato ovviamente altre fasi, anche quella del rifiuto totale. È un aspetto che fa parte del mio percorso non solo musicale, ma in musica mi ha aiutato a essere a mio agio con la ritmicità, a sentirla, a interiorizzarla.
Cosa stai facendo ora?
Sto ricominciando a scrivere. Lo sto facendo di getto, lavorando con strumentali poco elaborate e il mio modo di scrivere si sta evolvendo. Poi mi sto cimentando con l’italiano. La cosa mi spaventa un po’, ma ci sono un po’ di cose che sento di dover dire nella mia lingua.
Intervista pubblicata su WU 110 (ottobre novembre 2021). La foto in alto di Arya Blank è di Eric Tacchini, style Greta Fumagalli, grooming Nick Chiron photography assistant Francesco Buonfino. Nello scatto Arya indossa pile Huf. Si ringrazia Trattoria Nova, via Mac Mahon 24 Milano
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