BIENNALE 80 – PRISCILLA
Torna al Lido Sofia Coppola, dopo la vittoria del Leone d’Oro con ‘Somewhere’, con il biopic incentrato sulla storia d’amore tra Elvis e Priscilla Presley, portati sullo schermo rispettivamente da Jacob Elordi e Cailee Spaeny
di Davide Colli
Dal momento dell’annuncio di inizio produzione di Priscilla, ultimo progetto della figlia d’arte Sofia Coppola dopo On The Rocks, tra i suoi titoli passati più in sordina, era inevitabile chiedersi come questo ritratto sarebbe differito dallo strabordante biopic Elvis, uscito nelle sale l’anno scorso.
Se il barocco spettacolo innalzato da Luhrmann è un biopic frenetico e focalizzato sulla dimensione pubblica della star, incappando spesso e volentieri nelle “scorciatoie” della canonica formula da biopic americano, in Priscilla, lavoro decisamente più sommesso e delicato, i personaggi scompaiono dietro le persone. Basti pensare al fatto che Priscilla passi da figurina di contorno nel film con Austin Butler ad incarnare il punto di vista principale nell’opera di Sofia Coppola. Lo stesso Elvis non è più un mascherone di lattice e sudore che osserviamo dimenarsi tra una panoramica a schiaffo e l’altra, bensì un uomo perennemente controllato da forze esterne invisibili (il Colonnello, che qua non è Tom Hanks, ma una semplice voce al telefono, ma pure il fervente credo cattolico) che trova in Priscilla il primo “oggetto” su cui poter instaurare una forma di potere.
Il lungometraggio, quindi, consiste nello statico viaggio (Priscilla rimane quasi sempre ingabbiata, che sia nella tenuta a Graceland del marito o nella casa dei genitori) di due giovani insicuri in cerca della loro identità, i quali si ritrovano a darle una vera definizione solo attraverso gli oggetti di cui si contornano o adornano. Che siano essi libri-soprammobile con cui darsi un tono o pistole in pendant con gli abiti, Elvis e Priscilla passano le loro giornate ad arricchire le loro vite oltre le figure pubbliche nell’unica triste modalità concessa da due personalità in grado di catalizzare tale attenzione.
La tenerezza delle fotografie instantanee che si scattano continuamente diventa la necessità di riprodurre immagini di sé stessi nelle quali andare a ritrovarsi. Risulta, quindi, perfettamente coerente la scelta, in particolare per Elordi, di due icone della generazione Z, non snaturando i volti delle star selezionate e, in questo modo, rafforzando il legame con il mondo di oggi, nel quale il costrutto identitario è altrettanto fluido e instabile. Questo asfissiante e ripetitivo processo di continua ridefinizione della propria apparenza è al centro di Priscilla, la quale, proprio nel momento in cui reputa non più tollerabile il peso del simbolo popolare e culturale a cui si ritrova affiancata e decide di abbandonarlo, porta a termine l’opera di cui fa parte, smettendo di esistere assieme alla sua immagine pubblica.
Nella foto in alto: Jacob Elordi and Cailee Spaeny in ‘Priscilla’, , foto di Philippe Le Sourd
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