FREAKY BLINK – TRA LO SPORT E LE FOTO
Originaria di un piccolo paese del Lazio, ha mollato tutto a 37 anni per inseguire la sua passione per la fotografia. Francesca ci narra storie attraverso i suoi scatti, che passano per il basket, incontrano le sneakers e sanno raccontare persone profonde
di Elisa Scotti
«Mi chiamo Francesca Di Fazio e, quando ho una macchina fotografica in mano, la mia vita sembra un posto migliore. Non posso essere altrimenti, non posso fare altrimenti». Non c’è sintesi migliore per presentare Francesca aka Freaky Blink, fotografa e appassionata di sneakers originaria di Alatri (FR). Con il suo lavoro mostra come si può raccontare il mondo dello sport − in particolare il basket, il suo preferito − e non solo con personalità. Ha iniziato a farlo a 37 anni, facendo una scelta di vita radicale, trasferendosi a Milano e scommettendo su se stessa. Scommessa che, oggi, sta decisamente pagando.
Come nasce lo pseudonimo Freaky Blink?
Freaky perché sono una persona curiosa e a tratti bizzarra, blink, lampeggio/ occhiolino in inglese, vuole essere invece un richiamo a ciò che faccio perché, questo doppio significato, riporta immediatamente all’otturatore delle macchine fotografiche. Sintetizza tutto, e l’assonanza con il mio vero nome ha fatto si che diventassi Freaky anche nella vita reale.
Come nasce la tua passione per il basket e per le sneakers?
Nel mio caso è per “colpa” di Gianni e la NBA, Nuovo Basket Alatri (si, nel mio paese sono dei geni), dove sono cresciuta. Grazie a Gianni e ad altri appassionati come lui, la pallacanestro negli anni Novanta era uno sport nazionale, e se sei di Alatri e sei nato negli anni Ottanta, avrai sicuramente giocato a basket. Tutto questo è coinciso con Michael Jordan, che insegnava a tutto il mondo come essere un vincente e come «i limiti e le paure sono spesso un’illusione». Sposare quell’attitudine è stato istinto naturale. Certo, poi ci si scontra con la vita, non siamo tutti MJ, ma bisogna se non altro provarci. C’è un ultimo aspetto, sicuramente più superficiale e meno moralmente edificante: quanto erano belle quelle Jordan che ti mettevi per giocare? Ti facevano sentire un supereroe, sul parquet − anche se avevamo il lineoleum e le ginocchia sbucciate − pensavi di poter volare, proprio come lui, e sul muretto ti sentivi un figo, proprio come lui.
Come pensi sia cambiato il collezionismo negli anni e l’approccio alle sneakers in generale? Soprattutto da un punto di vista femminile.
Bisogna fare una distinzione tra il collezionismo e l’hype che c’è stato dietro questo movimento della “sneakersmania”. Nel collezionismo puro credo non sia cambiato nulla, chi lo ha sempre fatto prima del 2016 continuerà a farlo anche dopo la fine di questa moda (evidentemente in crisi in questi ultimi due anni). Chi voleva sentirsi esclusivo con le sneakers oggi forse cerca questa “unicità” in altri settori. La relazione tra le sneaker e il mondo femminile è iniziata a cambiare quando finalmente i brand hanno smesso di stereotipizzare le scarpe. Resto però fortemente convinta che non debbano esserci distinzioni, non capisco perché una Jordan 2 Nina Chanel Abney debba essere indirizzata alle donne o viceversa.
Quali sono i tuoi modelli preferiti e perché?
Jordan 8 Play Off, l’oggetto che più di tutti mi riporta alla mia infanzia; Hot Lava Air Tech Challenge, ai piedi dell’uomo che ha ribattezzato lo stile del tennis, e poi quel look anni Novanta mi fa impazzire; Mars Yard, più che una scarpa per me è un ricordo, ho partecipato allo space camp a New York per prenderla, che esperienza incredibile!
In cosa consiste la tua serie di scannerizzazioni O.P.s, come è nata l’idea?
O.P.s è solo uno dei sintomi della mia ossessione per le scarpe. Ci sono modelli che non metto quasi mai, anche per il semplice fatto che ho una rotazione troppo ampia. Ma io con quell’oggetto ci devo avere a che fare, se non posso metterlo tutti i i giorni devo per forza farci qualcos’altro. Per questo è nato O.P.s. Optical process shoes, stuff, probably sneakers, è un susseguirsi di scannerizzazioni della scarpa, della sua box, della suola e di tutti quei dettagli che la rendono riconoscibile. Dopo aver acquisito le varie scannerizzazioni le assemblo in post produzione per creare una sintesi analogica/ digitale di un determinato modello.
Che progetti hai per il futuro?
Il futuro è un progetto che non mi appartiene, mi appartengono più le idee e quando arrivano cerco di metterle in atto in modo contingente. In questa fase della mia vita il mio sguardo è rivolto tanto al basket femminile, la WNBA sta costruendo un’immagine interessante, mi piacerebbe che anche qui in Italia ci fosse più attenzione rispetto a questo sport declinato al femminile. Abbiamo squadre pazzesche che ci mettono tanto cuore, e giocatrici con attitudini incredibili come Giorgia Sottana, che subito dopo una semifinale è corsa via per veder nascere sua figlia e che, 24 ore dopo, è di nuovo scesa in campo per la partita successiva. Bisogna raccontarle di più queste ragazze, se lo meritano. Fortunatamente ci sono realtà come Overseas che lo fanno, ma sono ancora troppo poche
Nella foto in alto: Francesca Di Fazio aka Freaky Blink
Intervista pubblicata su WU 126 (giugno – luglio 2024)
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