SULLA MIA PELLE: NETFLIX E LE SALE POSSONO ANDARE D’ACCORDO?
‘Sulla mia pelle’, il film di Alessio Cremonini che ripercorre le vicende legate alla tragica fine di Stefano Cucchi, è stato anche un esperimento di coesistenza tra vecchi e nuovi modi di fruizione del cinema
di Davide Colli
Sulla mia pelle, indipendentemente dalla riuscita o meno del suo nobile intento, rappresenta un prodotto rivoluzionario. Prima del 12 settembre, nella nostra penisola non si era mai assistito ad un’operazione distributiva di questo tipo, ovvero il rilascio del suddetto film sul catalogo Netflix e contemporaneamente in un ristretto numero di sale cinematografiche (a quando scriviamo 65) grazie a Lucky Red. Il numero di cinema coinvolti è così basso poiché le grandi catene di multisala si sono rifiutate di far rientrare il prodotto tra i titoli da loro proposti proprio perché “targato” Netflix.
A cinque giorni dalla sua uscita, il film diretto da Alessio Cremonini e che ha come protagonista Alessandro Borghi ha incassato 244.479 euro, portando nei cinema ben 37.007 persone e assicurandosi la seconda media per sala del weekend, superata solo da quella di Un affare di famiglia di Hirokazu Kore’eda, forte della Palma d’oro vinta a Cannes e con un giorno di programmazione in meno.
Netflix, quindi, danneggia veramente le sale cinematografiche? Il risultato raggiunto da questa limited release mette in luce una realtà dei fatti che non collide con la visione estremista di certi esercenti: l’uscita contemporanea in sala e su Netflix di Sulla mia pelle non sembra aver intaccato l’ottimo risultato al botteghino. Il pubblico che ha scelto la sala per vivere l’esperienza filmica esiste ed è vivo e pulsante: è stato animato dall’importanza della storia raccontata e ha deciso di alzarsi dal divano ed occupare una location differente dal proprio salotto.
In un periodo di crisi dell’industria cinematografica nostrana come quello nel quale ci troviamo questo traguardo raggiunto diventa ancora più esemplare. Tuttavia, la visione su Netflix rimane comunque una dignitosissima scelta in quanto, grazie alla sua estrema capillarità, è in grado di raggiungere pubblici verso i quali la tradizionale distribuzione cinematografica non sarebbe stata capace di arrivare. Ben venga quindi che lo spettatore italiano sia stato dotato di un’alternativa e sia trattato come una persona con la possibilità di scegliere come meglio crede con quale modalità fruire di un racconto di tale risonanza mediatica.
Il mercato ha ricevuto un segnale forte e chiaro e probabilmente Sulla mia pelle non sarà un caso isolato. Questo esito non rappresenta quindi una vittoria per Netflix o per la sala cinematografica, bensì per un cinema di carattere sociale che, tra applausi e dissensi, riesce nel suo obiettivo di far discutere riguardo a una pagina della cronaca nera italiana che appare giusto soffermarsi a rileggere.
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