TRANSMISSIONS XI A RAVENNA
L’undicesima edizione di Transmissions, a Ravenna dal 22 al 24 novembre, segna l’inizio di un nuovo ciclo per il festival. Ne abbiamo parlato con Chris Angiolini, “frontman” di Bronson e (anche quest’anno) curatore artistico dell’evento
di Enrico S. Benincasa
Dieci edizioni guardando sempre avanti, il plauso degli artisti, degli addetti ai lavori, del pubblico. Transmissions torna per il suo undicesimo capitolo in questo mese di novembre nella sua Ravenna (22-24), casa base di Bronson Produzioni che qui organizza festival d’inverno e d’estate (il Beaches Brew all’Hana Bi), concerti nei suoi locali e pubblica dischi (l’ultimo quello di Martin Bisi – che sarà a Transmissions – per i 35 anni del suo BC Studio). Abbiamo chiesto a Chris Angiolini di Bronson, curatore dell’edizione alle porte dopo le interessanti esperienze di affidamento esterno di questo compito, di presentarci l’edizione alle porte.
Dopo cinque edizioni con una curatela esterna, l’anno scorso hai scelto di occuparti in prima persona dell’edizione del decennale di Transmissions. C’è un motivo particolare per cui hai deciso di continuare anche quest’anno a seguirlo in prima persona?
È stata una scelta non premeditata. Ho avuto la fortuna di avere le disponibilità di artisti che avrei voluto comunque vedere a Transmissions e quindi è venuto naturale proseguire no ad arrivare alla line up definitiva. Per questa edizione abbiamo preferito così, ma non escludo che per il futuro si possa tornare alla curatela esterna, anzi, in qualche modo ci sto già lavorando.
Come nacque l’idea di affidare la direzione artistica del festival a un esterno?
Otto anni fa, quando la affidammo a Stephen O’Malley, il panorama dei festival musicali in Italia era sicuramente più debole. Mi capitava spesso di parlare con lui di come si stavano sviluppando realtà come Atp e Roadburn in quel periodo, eravamo entrambi d’accordo che applicare la formula della curatela esterna a un artista in un festival di nicchia rivolto al contemporaneo come Transmissions poteva sicuramente essere un’idea innovativa.
C’è sempre stata massima fiducia e apertura nei contronti dei vari direttori artistici che si sono succeduti negli anni?
Ogni curatore ci ha sempre messo del suo, ma il lavoro del team è stato altrettanto importante e sempre rispettoso delle idee di chi avevamo scelto. Abbiamo sempre lavorato con artisti che ci conoscevano e che avevamo già ospitato, con loro c’è sempre stata comunanza di intenti e un rapporto che proseguiva oltre il semplice concerto. Il limite è sempre stato solo uno: il budget, ma abbiamo lavorato con persone che avevano una visione di insieme giusta anche perché coinvolti in tanti progetti, etichette, eventi,ecc. Funziona un po’ come con i giocatori: anche quando sono ancora in attività capisci subito chi ha la testa per diventare allenatore.
Essere in provincia aiuta nella costruzione di eventi come il vostro?
È un po’ il fascino della provincia: ti permette forse di lavorare su un progetto, un sogno a medio lungo termine, senza la pressione che ci può essere in un grande centro. Dall’altra parte è più difficile trovare risorse, sponsor e pubblico. Noi ci abbiamo messo il nostro tempo per collocarci sulla mappa internazionale e oggi non abbiamo avuto il dovere di rincorrere trend o hype che ti portano a fare altre scelte.
Come si fa a mantenere vivo l’interesse per un festival nel corso degli anni?
Penso che cambiare e rilanciare il progetto sia fondamentale. Per la mia esperienza i cicli durano quattro-cinque anni, poi bisogna un po’ svoltare e rinnovare gli stimoli che tengono vivo un festival. La nostra storia è cambiata dopo la quinta edizione con l’inizio delle curatele, poi l’anno scorso abbiamo fatto dieci anni e ora ripartiamo. Quello di cui mi accorgo, osservando le nostre line up, è che non coincidono con le altre dei festival che si tengono in questo periodo. Non abbiamo artisti in comune con Club to Club, ma dei 180 artisti di Le Guess Who? di Utrecht ce ne saranno solo cinque a Transmissions.
È sempre stato così?
L’idea di essere un festival non a seguito di altri è una sensazione che abbiamo da tempo. Se penso all’edizione curata da Vascellari, tra i nomi che hanno partecipato e quelli che non hanno potuto partecipare, ce ne sono molti che sono diventati habituè di eventi più grandi. Abbiamo sempre avuto la sensazione di essere in un nostro percorso.
Tra gli act in programma a Transmissions ce ne sono alcuni che sono stati più difficili da ottenere o realizzare?
Inizierei dal progetto che vede insieme Francesco Donadello e Nick Zinner. Parte da una mia richiesta a Donadello, perché volevo qualcosa di speciale e particolare per questa edizione. L’ispirazione viene dal festival People di Berlino di questa estate, l’ho seguito da lontano e mi piaceva questa cosa della collaborazione con gli artisti. Penso che questa collaborazione definisca la cifra di questa edizione. Poi ce ne sono altre due: quella tra Carla Bozulich e Jessica Moss, che avverrà di venerdì, e quella tra Bruno Dorella e Paolo Mongardi incentrata sulle percussioni. L’idea della specificità di alcuni set ha accompagnato la storia del festival, in questo nuovo ciclo ho voluto spingerci un po’ di più. Il sabato ci sono act che definiscono dei suoni che sono un ponte tra Medio Oriente e Occidente, ma non posso non citare anche Martin Bisi, uno che ha contribuito a definire il suono di una città come New York e che è uno dei nostri punti di riferimento dopo che, come Bronson, abbiamo prodotto il disco dei BC35.
Transmissions XI
dal 22 al 24 novembre a Ravenna,
al Bronson Club, Bronson Cafè e Artificierie Almagià
orario: vari
ingresso: da euro 12 a euro 20
transmissionsfestival.org
Dello stesso autore
Enrico S. Benincasa
INTERVIEWS | 22 Novembre 2024
HÅN – LINGUA MADRE
INTERVIEWS | 31 Ottobre 2024
VAN ORTON – TRUE COLORS
INTERVIEWS | 24 Ottobre 2024
EDONICO – COINCIDENZE
INTERVIEWS | 10 Luglio 2024
PLUG-MI – ESSERE REAL
CONTENTS | 27 Giugno 2024
FOR EVERYONE