VISIVA #06 – CARLO ALBERTO GIARDINA E L’EQUILIBRIO

‘Visiva’ è una rubrica che si occupa di mostre, eventi, progetti sul territorio e multimediali legati all’arte. Più che fornire il rendiconto di quanto si sa che c’è, fa vedere quanto sta per esserci, lasciando immaginare quanto sta per cambiarci.

Prima di scrivere di Carlo Alberto Giardina, ho pensato di andare a cercarmi la definizione di “equilibrio”. La risposta che mi viene fornita da internet è:

1. In fisica, stato di quiete di un corpo;
2. Equilibrio atmosferico, stato dinamico di masse d’aria in moto verticale; può essere stabile, instabile o indifferente, a seconda che la massa spostata tenda a tornare nella posizione iniziale, tenda ad allontanarsene o rimanga in quiete nella nuova posizione.

C’è, quindi, un equilibrio instabile, con cui si assestano gli elementi, ed è quello, precario quanto aggraziato, che appare nei lavori del nostro artista. I cui improbabili totem sono in gran parte costituiti da sassi: sempre tondeggianti, come quelli vicino al mare o sul greto dei fiumi, a volte porosi, a volte dai colori squillanti, oppure occhiuti. Nel guardarli, ci si trova in bilico tra l’immaginarsi una pesante pietra e il sentirsi un uovo fragilissimo.

‘Amber’ (2020)

Gran parte della variegata produzione di Giardina, dunque, risulta attraversata dal tema dell’equilibrio, della ricerca del difficile, temporaneo quanto indispensabile bilanciamento tra l’uomo e ambiente, che è andato distrutto e che va ricostruito, perché «non abbiamo la presunzione di guarire, ma abbiamo il dovere di prenderci cura» della natura.

Al raggiungimento di questa riappacificazione sono utili altri assestamenti, soprattutto per reinventare e mantenere una “nuova normalità” oggi, dopo gli sconquassi portati nelle nostre esistenze dalle varie quarantene che stiamo attraversando (e la sua cover di agosto 2020 del “Gambero Rosso” affronta proprio questo tema). Questa pandemia, infatti, ha reso ancora più evidente la frammentarietà delle nostre relazioni umane, affettive, civiche, ha mostrato che «siamo frammenti della nostra famiglia, della nostra città, di una comunità, nazione, mondo».

‘Triadic Dancers’

Tanta frammentarietà è vista da Carlo Alberto Giardina in un’ottica, postpandemica, potenzialmente positiva. Infatti, ispirandosi alle parole dell’artista Marta Rosler, che afferma che «non ci sono frammenti, se non c’è un tutto», l’ottimista Finnanofenno (come appare su Instagram) pensa a come dedicarsi in un futuro che si spera non lontano, a un nuovo «tutto da creare con la solidarietà, l’equilibrio, una sana gestione del tempo, degli spazi, della natura, della passione e dell’ingegno umano». Ed è a partire da queste nostre attuali fragilità che tutto deve incominciare, perché, come ci dice il commento ad una sua opera, «disconnection will allow us to rethink these, sustainable, connections».

Ma come immaginare i colori del futuro? L’importante, come fanno i fili d’erba quando sono sotto la terra, è sapere di che colore siamo al primo respiro, al risveglio, prima di uscire, di crescere, di agire.

Come lo sta cercando ora Carlo? Al lavoro, rivolto al futuro, sta organizzando Mimèsi Fest, un festival di street art sostenibile dedicato alla città di Siracusa e alla cura del territorio.

In alto: Carlo Alberto Giardina, private commission (2020). Tutte le immagini della pagina sono opere di Carlo Alberto

Profilo IG di Carlo Alberto Giardina

Visiva #01 – DEM e il pensiero selvatico
Visiva #02 – CTM Festival e abitare la distanza
Visiva #03 – Suzanne Saroff e il ritorno alla natura morta
Visiva #04 – Kostis Fokas e il corpo altrove
Visiva #05 – Marta Blue, c’è del glitter nell’oscurità

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Wondering About Freedom (2020)