RISE THE CAT – CREATIVITÀ E RIFLESSIONE
Rise The Cat ha iniziato dai graffiti e non li ha mai abbandonati, svilluppando parallelamente un percorso anche espositivo. È uno dei dieci artisti che hanno partecipato a ‘Oceano e Clima’, iniziativa all’interno del progetto ’30×30′ di Worldrise sostenuto da North Sails
di redazione di WU
Si fa chiamare Rise The Cat, mettendo insieme un verbo inglese che significa sorgere e alzarsi – «ma può essere legato al movimento del sole o di una persona, ma può anche descrivere un popolo nell’atto di ribellarsi contro il potere costituito», ci ha detto – e il gatto, il suo animale guida. Rise è uno dei nove artisti che ha partecipato al progetto Oceano e Clima, parte della campagna 30×30 lanciata da Worldrise e sostenuta da North Sails per la salvaguardia dei nostri mari.
La sua opera si trova a Milano, in via Sammartini e sottolinea come, quando si parla di ambiente marino, l’uomo debba fare la sua parte. Ce lo spiega nei dettagli lui stesso in questa intervista.
Quando hai iniziato con la street art e come si è evoluto il tuo percorso artistico?
Il mio percorso inizia con il writing alla fine del 2008, grazie a un amico un po’ più grande di me che un giorno mi ha messo in mano il primo spray. Avevo da poco iniziato a fare le prime tag e quasi da subito ho trovato la mia firma, la stessa che uso ancora oggi. Nella nostra crew avevamo tutti la passione per l’hip-hop e passavamo le giornate nelle fabbriche abbandonate per poter dipingere i muri senza essere disturbati, eravamo uniti e ci “fomentavamo” a vicenda. Dopo qualche anno abbiamo iniziato a girare nelle città vicine per partecipare alle jam e per conoscere altri writer, e in questi contesti che ho cominciato a sperimentare uno stile figurativo, affiancando disegni di personaggi – umani e animali – al lettering. Così ho cominciato a disegnare sempre più su carta per impratichirmi col figurativo, mentre in Italia il fenomeno della street art cominciava a legittimarsi, contemporaneamente a quello del writing. Poco dopo ho partecipato alle prime esposizioni nel circuito indipendente insieme ad altri amici emergenti, senza mai abbandonare i muri e cominciando a studiare un linguaggio simbolico che potesse veicolare messaggi sia in contesti espositivi che tramite l’arte urbana, fino ad arrivare al momento in cui ho deciso di collaborare con privati e con istituzioni nel contesto di concorsi e commissioni. Oggi studio illustrazione all’Isia di Urbino e dipingo muri per piacere e per lavoro, senza dimenticarmi da dove tutto è iniziato, ben sapendo che la street art ora è legale, ma fonda le sue radici in un movimento controculturale.
Raccontaci il processo creativo dietro alla tua opera per 30×30.
La mia opera nasce dalla volontà di affrontare il tema della salvaguardia ambientale, nello specifico relativo agli oceani, in modo non retorico. Ho creato un’immagine in cui un polpo è adornato con colonne arabeggianti, che fanno pensare a un prezioso castello, e attorno ad esso ho posto dei palombari che lo accerchiano. L’idea che sta alla base è di rappresentare simbolicamente l’oceano tramite un animale che ha le sembianze di una dimora reale per evidenziare la ricchezza del mondo sottomarino, ma un bel castello ha bisogno di guardiani a sua difesa per non essere attaccato e deturpato, e questi difensori sono i palombari, ovvero noi esseri umani, che ora dobbiamo necessariamente schierarci a tutela del mare. Ho deciso di non inserire elementi che rimandino ad aspetti negativi, perché trovo che un’opera comunichi meglio col suo pubblico se stimola creatività e riflessione e non sentimenti ostili, pur trattandosi di un argomento delicato.
Che impatto può avere, secondo te, una campagna come quella di 30×30 sulla società odierna?
Certamente oggi c’è un estremo bisogno di mosse concrete a favore dell’ambiente, che siano strutturate per creare una coscienza ambientale nei giovani e negli adulti, oltre che per dare possibilità di agire in prima persona. Per questo motivo credo che campagne come quella di 30×30 siano importanti per far sì che tutti – artisti compresi – siano attivamente e direttamente partecipi in progetti che possono condurre a una svolta ecologica.
Quanto pensi sia importante sensibilizzare l’opinione pubblica su concetti come ecosostenibilità e salvaguardia degli oceani?
È sicuramente necessario creare occasioni di confronto e discussione sul tema dell’ecosostenibilità, oggi così tristemente attuale, ma le persone devono spendersi individualmente nel loro quotidiano per poter creare davvero un cambiamento globale, e con questo intendo, ad esempio, misurare il consumo di carne, evitare di sprecare acqua, cercare di comprare prodotti senza imballaggio, riciclare il più possibile, utilizzare maggiormente la bicicletta e tanti altri comportamenti che influiscono positivamente sull’ambiente, compreso quello marino.
È cambiata la tua percezione del problema della salvaguardia dell’ambiente marino dopo questa esperienza?
Mi sono informato di più sul tema grazie a questo progetto e sono diventato più sensibile alla questione. Ho inoltre avuto modo di discutere di salvaguardia degli oceani con molte più persone, poiché in tanti mi hanno chiesto informazioni sul concorso a cui avevo partecipato, e questo mi ha permesso di conoscere opinioni interessanti e consigli pratici per impattare meno sull’inquinamento marino.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Al momento sto lavorando sull’illustrazione e cerco di portare questa disciplina anche sui muri. Dopo la laurea vorrei trovare un posto dove creare il mio studio insieme a un paio di cari amici, magari in campagna. Inoltre mi piacerebbe riuscire al più presto a ideare una buona storia per realizzare il mio primo albo illustrato su un tema di cultura popolare. Per quanto riguarda l’estate ho un po’ di lavori in progetto con alcune realtà attive sul territorio italiano, le quali prevedono anche laboratori artistici su muro con ragazzi, e spero che queste esperienze riescano ad aprirmi nuove porte all’interno di contesti educativi.
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