RITORNO AL FUTURO
Il progressivo ritorno in ufficio mette in discussione i modelli precedenti di lavoro, basati sul costante commuting. La nuova realtà sarà probabilmente ibrida, ma la necessità di fare team building non mancherà
di Enrico S. Benincasa
I numeri fortunatamente positivi legati alla pandemia hanno dato tregua alla vita sociale, consentendo le aperture di bar, ristoranti, arene sportive e di alcuni ambiti della vita culturale. Sono aperti musei, teatri, e cinema, purtroppo non ancora del tutto i luoghi dedicati alla musica (almeno qui da noi), e progressivamente riaprono i loro uffici anche le grandi aziende. Al di là della questione vaccino-tamponi-green pass, molte realtà hanno già calendarizzato i rientri dei propri dipendenti con diver- se tempistiche, consapevoli che tante attività che prima della pandemia si facevano in ufficio oggi si possono fare a casa.
Che situazione stanno trovando o troveranno, quindi, lavoratori e professionisti al ritorno alla propria scrivania? Per capire meglio cosa sta accadendo ci siamo fatti aiutare da Marcello Boccardo, consulente strategico per grandi aziende e coach: «Il fatto è che non si sta tornando nel “vecchio” luogo di lavoro, si sta andando in un luogo che è nuovo. Sono molte le realtà aziendali che, in questo momento, si stanno confrontando con l’adozione di un modello di smart working parziale, ci si sta domandando sul senso di investire tempo ed energie nel commuting se tante attività si possono fare comunque a casa. Ci sono altre attività, però, che hanno un valore diverso e per le quali la presenza è rilevante».
Le attività alle quali si riferisce Marcello sono quelle che generalmente cataloghiamo come riunioni. Durante la pandemia abbiamo “scoperto” piattaforme come Zoom, Google Meet o Microsoft Teams, strumenti che esistevano già ma che non avevamo un utilizzo così costante. Ci abbiamo preso confidenza e continuiamo a usarli, ma la possibilità di tornare a confrontarsi a un tavolo pone degli interrogativi: «Le attività di riunione dal vivo, oggi, devono avere un valore», continua Marcello. «In sintesi, se ci troviamo di persona dobbiamo essere in grado di fare la differenza, e questa differenza è costituita dalla relazione e dalla contaminazione».
Un gruppo sociale come quello di un team o di un ufficio si regge e si alimenta grazie alle relazioni, sia quelle strettamente lavorative, sia quelle più conviviali come, per esempio, i momenti di pausa. È davanti a un caffè o in un pranzo di lavoro che circola il sapere tacito, “sostanza” che permette alla stessa organizzazione di funzionare meglio. «Il sapere tacito si è smarrito almeno in parte con il lockdown», puntualizza Marcello. «C’è necessità di costruire e ricostruire relazioni, cementarle. Pensate a chi è stato assunto durante la crisi sanitaria o chi ha cambiato incarico all’interno di un’azienda: ci sono persone che hanno iniziato una nuova esperienza e, a oggi, non hanno mai visto in faccia i propri colleghi o il proprio capo. Magari non sono nemmeno mai stati in sede. Diventa fondamentale fargli vestire la “maglia dell’azienda”, è una cosa necessaria».
Questa metafora sportiva applicata all’ufficio rende bene l’idea del bisogno di trovare forme di aggregazione tra le persone che vadano oltre la condivisione degli spazi lavorativi. Un bisogno che c’era anche prima e che veniva soddisfatto anche con le attività di team building. Oggi è un’esigenza che si ripropone, anche se durante gli ultimi due anni si è provato a sopperire con versioni digitali di questa attività. Al di là dell’effettivo beneficio che il team building a distanza ha portato, oggi c’è voglia di riprendere a cementare questi rapporti senza la mediazione di uno schermo: « Le aziende stanno pensando ora ai rientri, procedendo tramite scaglioni. La formazione, per esempio, sarà una delle ultime cose a tornare negli uffici», prosegue Marcello. «È reale oggi l’esigenza di far ritrovare le persone per parlare, per condividere, per fare network nel senso più puro della parola. Le attività di team building hanno sempre mirato a ricostruire o a potenziare un gruppo, a far conosce- re meglio tra loro i membri. Oggi c’è anche l’esigenza di farlo nascere, di costruirlo, di riconnettere le persone dopo una crisi che, oggi, dopo essere stata finanziaria ed economica, attraversa una fase a metà strada tra quella individuale e quella sociale».
Il team building, quindi, rimane un aspetto centrale le cui finalità, però, sono leggermente diverse da quelle che potevano essere, nella grande maggioranza dei casi, prima della pandemia. Alla base c’è sempre la partecipazione, la condivisione di un’esperienza diversa rispetto a quelle “classiche” che si fanno sul luogo di lavoro, in grado di lasciare insegnamenti concreti, spunti su come un gruppo sociale può svolgere meglio il suo compito grazie alle capacità e attitudini dei suoi membri. In un’ottica di smart working parziale, ritrovarsi fuori dalle mura dell’ufficio dopo questi mesi così particolari è un’occasione da cogliere.
Quando si ricomincerà, quindi, con queste attività? «Tutti vogliono festeggiare e organizzare dei momenti di ritrovo. Le aziende ci stanno già pensando ma non stanno ancora calendarizzando, c’è un po’ di cautela vista anche la situazione dell’anno scorso in questo periodo. A mio parere, se dal punto di vista sanitario le cose proseguiranno per il verso giusto, si partirà con una signora cena di Natale. Che, anche se non sembra, è comunque un’occasione di team building».
Nella foto in alto: foto di Stocksnap da Pixabay
Articolo pubblicato su WU 110 (settembre 2021)
Marcello Boccardo su LinkedIn
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