EMMA NOLDE – ALLENARSI ALLA MUSICA
Delicata e intensa al tempo stesso, la giovanissima cantautrice toscana torna con un secondo album, Dormi, che è stato «un riparo in un momento in cui pioveva forte» e che la conferma una delle voci e delle penne più interessanti in circolazione
di Giulia Zanichelli
Dopo aver conquistato pubblico e critica con il suo esordio Toccaterra, è da poco uscito il nuovo prezioso disco di Emma Nolde, Dorme. Dieci tracce di una potenza espressiva rara, intima e capace di colpire dritto al cuore. Un album che ti abbraccia e aiuta a colmare ed esorcizzare le distanze accumulate nell’ultimo periodo. Da lei come da tutti noi, vuoi per motivi personali, vuoi per le vicissitudini di questi ultimi anni così particolari. La sua estate è stata densa di concerti, ma Emma non ha intenzione di fermarsi questo autunno. Si parte a inizio novembre, da Livorno, e si finisce poco prima di Natale al Bronson di Ravenna. In mezzo, alcuni dei più importanti club italiani, come il Monk di Roma, il Locomotiv di Bologna e la Latteria Molloy di Brescia.
Come e quando nasce Dormi?
La prima canzone l’ho scritta circa a marzo 2020, l’ultima alla fine del 2021, quindi è stato un anno e mezzo di scrittura. Lì per lì non avevo un’idea di ciò che alla fine sarebbe venuto fuori, ho scritto i brani uno dietro l’altro: solo alla fine mi sono resa conto che c’era un filo conduttore comune.
La distanza, sia fisica che sentimentale.
Sì, lontananze fisiche e mentali che non puoi controllare e devi semplicemente accettare per come sono, non puoi fare nulla per cambiarle. Tutti i pezzi parlano di una distanza con qualcuno di diverso e in modo diverso, per esempio Te ne sei andata per ballare racconta di mia sorella che appunto se ne è andata per ballare, mentre La stessa parte della luna racconta di un’altra persona a cui sono molto legata che se n’è andata sempre per ballare, ma intendendolo come il voler vivere qualcosa di diverso, stare dentro gli eventi. O ancora, Fuoco coperto parla della distanza fisica che tutti abbiamo vissuto gli scorsi anni.
Come nasce la collaborazione alla produzione con Motta, e cosa ha apportato al disco?
Rispetto a me, Francesco è una persona che tende a togliere piuttosto che a mettere, ed è un punto di vista che mi ha aperto una strada nuova. Mi ha insegnato a fare respirare i pezzi, a farli evolvere senza avere smanie di horror vacui. E poi ci troviamo bene personalmente, ha un modo di scrivere e pensare alle canzoni simile al mio, basato sul testo e su quello che si vuole dire.
La cover di Dormi richiama quella del precedente Toccaterra: tu a occhi chiusi, con il corpo semi sommerso… Scelta o casualità?
È stata una scelta: mi sono domandata se le canzoni le avessi scritte a occhi aperti, guardando fuori, o se invece mi sono guardata dentro, immaginando anche cose che non c’erano realmente. E in entrambi i casi la risposta era la seconda, ho chiuso gli occhi. Toccaterra infatti è quasi un viaggio con la fantasia, anche se per me è tutt’altro che fantasia, mentre Dormi, scritto in questa situazione di impossibilità di fare altro, mi ha spinto a guardarmi dentro e a sperare in un bel finale.
Come sei cambiata rispetto a quando hai scritto Toccaterra?
Ho imparato a dire quello che sento anche quando è qualcosa di imbarazzante o non comodissimo, e in questo sento tantissimo la differenza. Sono estremamente legata alle parole, penso che siano un mezzo comunicazione unico. Le parole sono ciò che ci connette, finché non riusciamo a dire quello che sentiamo è come se quello che è stato non esistesse. Ho imparato quindi a confrontarmi con la realtà attraverso di esse, dicendo come sto. Dal punto di vista musicale invece ho scoperto qual è il mio modo di scrivere, ne sono più consapevole.
Voci stonate suona come un inno generazionale degli outsider… Ti senti così? Come vedi la tua generazione?
Mi sento abbastanza una outsider, faccio meno di quelle cose che di solito fai a 20 anni, sto con persone spesso più grandi. Non per scelta, ma casualmente: non frequento persone legate all’università o alla scuola, ma a quello che faccio che è suonare. E, quando fai musica, l’età va in secondo piano. Anche guardando la mia generazione un po’ dall’esterno, vedo che ci accomunano le stesse cose: una grandissima furia, la voglia di fare in grande. Abbiamo un grande fuoco, che in alcune situazioni – come quella che abbiamo vissuto da poco – rischia di spegnersi, come dico in Fuoco coperto. A me per fortuna non si è spento.
Hai collaborato con Generic Animal e con gli Zen Circus… ci sono altri artisti con cui vorresti lavorare?
Sicuramente il primo nome che mi viene in mente è Niccolò Fabi: scrive canzoni che mi emozionano tantissimo, sarebbe bello lavorare insieme a qualcosa.
Dopo un’estate passata sui palcoscenici, anche questo inverno sei in tour.
Sì, quest’estate abbiamo suonato tanto e ovunque, sono molto felice. Questo nuovo live sarà più lungo, con una scaletta più densa e molto suonato, non vedo l’ora di entrarci ancora di più dentro, di avere più tempo di entrare in trance. Voglio fare concerti più profondi, in cui ci sia più tempo per ballare quando c’è da ballare, più tempo per emozionarsi quando c’è da emozionarsi.
Nel frattempo stai sempre scrivendo?
Come sempre, scrivo, con i miei tempi, certo, ma lo faccio sempre. Penso che il cantautorato sia qualcosa che devi allenare: allenare il modo che hai di vedere il mondo, trovare in quello che succede qualcosa che va oltre quello che vedi. Per questo anche quando ho meno impulsi mi alleno a cercare qualcosa, perché hai sempre qualcosa da dire anche quando non sembra, se hai la pazienza di metterti a scrivere.
Emma Nolde su IG
La foto in alto è di Marco Previdi
Intervista pubblicata su WU 116 (ottobre – novembre 2022)
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