AFTERSALSA – DAL TRAMONTO ALL’ALBA
Gli Aftersalsa hanno da poco pubblicato ‘Concrete’, il loro primo album in studio. Dopo la presentazione del nuovo lavoro all’Ohibò tornano live a Milano in apertura di The Japanese House mercoledì 6 febbraio
di Enrico S. Benincasa
Concrete è lo studio album di debutto degli Aftersalsa, band composta da Matteo Zappa (voce), Simone Manzotti (synth e arrangiamenti), Dario Azzolini (chitarra) e Nicolò Posenato (synth). Hanno radici tra Milano e la Brianza, inizialmente sono nati come un duo per poi allargarsi e arrivare alla formazione attuale. L’EP di esordio uscito nell’ottobre del 2016, Chances, è stata la prima testimonianza su supporto degli Aftersalsa, che si sono poi messi su un furgone per testarsi dal vivo in Italia e non solo. Concrete segna un po’ questo prima periodo di vita della band: nove tracce dove i tappeti di synth e la voce di Matteo disegnano atmosfere sonore che, come loro stessi ci dicono, sono debitrici del mondo notturno, ma non sono rigidamente legate al mondo dei club. Gli Aftersalsa hanno presentato lo scorso 19 gennaio il loro Concrete all’Ohibò, ma domani 6 febbraio tornano dal vivo al Circolo Magnolia in apertura di The Japanese House. Un’occasione in più per vedere subito una delle più interessanti del panorama elettronico italiano.
Concrete arriva a un anno e mezzo dal vostro precedente EP, Changes. In questo periodo avete fatto anche diverse date in Italia e non solo, è quindi un disco nato nelle pause tra una data e l’altra o avete avuto modo di fermarvi per un periodo per mettere bene a posto le idee?
Proprio così, abbiamo iniziato a scrivere Concrete mentre ancora suonavamo per presentare Chances, durante le (poche) pause, spesso anche in macchina durante gli spostamenti o in camere d’albergo. L’idea di fare un LP c’era sin dall’inizio, quindi abbiamo scritto tanto, soprattutto a livello embrionale. Terminato il tour ci siamo letteralmente rinchiusi nel nostro studio per tutta l’estate e abbiamo iniziato a lavorare sui pezzi, scartando tutto ciò che per noi era incoerente. Un lavoro da fare inevitabilmente quando hai che fare con canzoni scritte a distanza di mesi l’una dall’altra.
Piccola parentesi a proposito dell’attività live: tra queste vostre prime apparizioni sul palco, quali sono state quelle che vi hanno dato maggiore soddisfazione? Fatta eccezione la presentazione di Concrete all’Ohibò, che immagino sia stata ovviamente molto importante per voi…
La presentazione all’Ohibò è stato il nostro ritorno sul palco dopo un anno e mezzo. La soddisfazione è stata tanta anche per i feedback che abbiamo ricevuto. Per noi l’aspetto live è essenziale, è una delle componenti del fare musica che ci piace di più. Ogni data ci ha lasciato qualcosa, è sempre diverso e ogni locale è una situazione diversa. Sicuramente ci sono rimaste a cuore le date europee dello scorso tour, in particolare quella a Berlino dove abbiamo suonato in uno squat a Kreuzberg (Madame Claude). Oltre alla risposta del pubblico inaspettata abbiamo conosciuto i Nation of Language di Brooklyn, con cui abbiamo collaborato anche per la parte italiana del loro tour in Europa.
Concrete un disco equilibrato, i vari layer sonori si sovrappongono in una maniera che funziona. La sensazione è che abbiate lavorato per sottrazione più che per addizione: è così?
Sì, fa parte della nostra scuola di pensiero. L’idea di base è sempre un po’ pop, qualcosa che possa scorrere fluida, che sia piacevole al primo ascolto, ma che ai successivi faccia emergere tutti i livelli inferiori. Per noi è stato l’aspetto forse più complicato e più lungo nella realizzazione di Concrete.
Nove canzoni sono forse il “minimo sindacale” per un LP, ma non sempre con meno pezzi è facile, per esempio, comporre una tracklist. Vi siete trovati in difficoltà nel realizzarla?
Prima di iniziare la produzione finale, in realtà, avevamo più del doppio dei pezzi. È stata una nostra scelta quella di ridurre all’osso e scegliere solo i brani migliori per creare un ascolto il più fluido possibile senza cali di attenzione, soprattutto ora dove la forma di release più comune è il singolo.
In generale, qual è stata la difficoltà più grande nel realizzare questo disco? Qual è stato lo scoglio più difficile da superare rispetto a lavorare a un progetto breve come un EP?
L’EP viene sempre visto come una prima bozza, si tende spesso a lasciarlo più grezzo anche perché nasce da un’esigenza più concreta, quella di presentarsi. Un album è prima di tutto un’esigenza dell’artista e vuoi che sia perfetto. Ovviamente questo comporta più tempo, e quello manca sempre.
Elam, Etnesba: c’è un motivo per questi nomi di canzoni al contrario?
Abbiamo deciso di mantenere i nomi originali, quelli con cui salvi per la prima volta la sessione di Ableton su computer per intenderci. Non ci abbiamo dato troppo peso, alle volte ci siamo guardati intorno cercando un riferimento su un poster o sul foglietto illustrativo del Moment, lo abbiamo scritto al contrario e abbiamo premuto “invio”. Ci piaceva che questo aspetto casuale e irrazionale rimanesse inalterato anche perché è legato alla prima fase di realizzazione del disco, anche perché i pezzi sono cambiati radicalmente dai primissimi provini.
Se doveste scegliere un pezzo per un remix quale scegliereste e a chi lo affidereste?
Ci capita spesso di affrontare il discorso remix e già con lo scorso EP ne avevamo pubblicato quattro, nati dalla collaborazione con artisti conosciuti durante i live (Veil, Hermit, a Safe Shelter e Mayford Fox). Concettualmente parlando, sarebbe bellissimo un remix di Franco Battiato, forse di <br>.
Concrete è un disco notturno, come voi stesso lo avete definito: c’è una canzone tra queste che, a vostro parere, è più “solare” delle altre? Se sì, perché?
Sicuramente Oscar, il primo singolo estratto. Nella realtà il pezzo nasceva sulla stessa falsa riga degli altri, poi in fase di produzione insieme a Marco Giudici (Halfalib, Any Other) abbiamo cambiato completamente armonia e accordi e dalla notte è passato all’alba, ma sicuro non è il sole in una giornata di agosto.
Cosa c’è nel vostro immediato futuro dopo l’opening a The Japanese House? Avete già date da comunicare o qualche video da far uscire?
Abbiamo in ballo un po’ di date, in Italia e non solo, che ci terranno impegnati fino a quest’estate e che presto comunicheremo, ma potremmo anche fare uscire qualcosa nei prossimi mesi.
La foto in apertura degli Aftersalsa è di Silvia Violante Rouge
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